Intelligenza artificiale e giornalismo: una bussola per tracciare rotte nella tempesta
“Cos’è una notizia? Una notizia è tutto ciò che il caporedattore stabilisce essere una notizia”. Questa è la definizione, tra il serio e il faceto, che mi è stata insegnata nei primi mesi alla scuola di giornalismo. E punta dritto a una delle questioni cruciali: il giornalismo non è una scienza esatta, non c’è una regola universale per stabilire con certezza se un determinato fatto o una determinata questione meritino un servizio, tantomeno esiste una gerarchia universale che permetta di selezionare e classificare le notizie in un ordine assoluto. Intendiamoci, se il primo ministro viene assassinato in un attentato, è senz’altro una notizia di primaria importanza e finirà in apertura. Ma la misura dell’importanza della gran parte delle notizie che appaiono in giornali e telegiornali è molto più sfumata. Questo è quello che definiamo pluralismo: raccontare quello che succede da prospettive diverse, con gerarchie e narrazioni diverse, che fanno riferimento a parametri valoriali alternativi e a interessi di diverse componenti della società.
Allora tutto è relativo e la realtà non esiste? Al contrario, uno degli scopi fondanti del giornalismo è proprio quello di accertare la verità, per impedire ai potenti di fare affermazioni palesemente in contrasto con la realtà per rafforzare il proprio potere.
L’equilibrio tra questi due poli (tra loro interdipendenti, perché non si accerta la verità senza confronto e non ci può essere confronto senza verità) è sempre, per sua natura, fragile. Ed è già duramente messo alla prova dalla crisi dell’editoria degli ultimi decenni.
Ora l’intelligenza artificiale entra come un elefante in una cristalleria. Come si possono affidare a un sistema automatico scelte che sono soprattutto valoriali? E come fa una macchina a scegliere? Subito si fa strada il sospetto che il software adotti criteri che sono stati in qualche modo inseriti dai programmatori che, come registi occulti – e, in fondo, illegittimi – manovrano i fili delle proprie marionette e, in ultima analisi, mettono a rischio la democrazia. Da qui gli appelli a regolamentare.
Il problema è reso particolarmente urgente dal fenomeno delle fake news, che negli ultimi anni hanno popolato in modo sempre più pervasivo i social network. L’adozione delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale rende possibile produrre enormi quantità di notizie false e persino di immagini e video completamente artefatte in tempi rapidissimi. Il rischio è quello di assistere a tempeste di informazioni false, durante le quali diventa pressoché impossibile distinguere il vero dal falso.
Come se ne esce? Risposte semplici non ce ne sono. Però si possono tracciare alcuni indirizzi. Il primo riguarda proprio le fake news. Negli ultimi venti anni e più il pubblico ha subito il fascino dell’idea che chiunque con un telefonino in mano possa essere un giornalista. Che basti catturare le immagini di un fatto che succede, pubblicare su una piattaforma social, e il gioco è fatto.
Ora forse ci stiamo affacciando a un’era di segno opposto: chiunque con un telefonino potrà falsificare una foto o un video, facendo credere qualsiasi cosa. E allora tornerà cruciale la fonte. La prima domanda che tutti, leggendo una notizia, ci faremo sarà: “Chi lo dice?”. Questo potrebbe spingere il pubblico a un ritorno verso i marchi storici dell’informazione, purché conquistino una immagine di credibilità e di trasparenza che oggi faticano ad avere. Questo significa meno editoriali, una più netta distinzione tra opinioni e notizie, una maggiore trasparenza. In questa direzione va la recente introduzione da parte della televisione pubblica britannica di BBC Verify, un progetto per “affrontare la crescente minaccia della disinformazione e costruire fiducia con il pubblico mostrando in modo trasparente come i giornalisti hanno appreso l’informazione che stanno riportando”. Al progetto è stato affidato un team speciale, che avrà il compito di mostrare le tecniche e gli strumenti adottati dalle croniste e dai cronisti per “investigare, trovare la fonte e verificare l’informazione, i video e le immagini”.
Ma tutto questo non basta. Non possiamo infatti eludere la prima questione che ci siamo posti: di fronte a strumenti che consentono l’automatizzazione della produzione di testi e immagini, come si deve porre il giornalismo?
Si tratta evidentemente di un pericolo, che può compromettere la qualità del lavoro, per non parlare dei posti di lavoro. Su questo gli allarmi non si contano ed è inutile ripetere le preoccupazioni già sostanzialmente condivise da tutta la categoria. Ma c’è anche un possibile altro lato della medaglia. Bisogna ammetterlo, l’intelligenza artificiale ci infastidisce perché ci fa una domanda scomoda: se una macchina è in grado di convertire un comunicato dei carabinieri in una notizia tutto sommato ben scritta e con un titolo corretto (provare per credere, basta fare l’esperimento su ChatGPT), se è in grado di prendere le agenzie e produrre la colonna delle brevi, qual è il valore aggiunto del nostro lavoro?
La risposta potrebbe essere quella di una integrazione intelligente, e per intelligente qui intendiamo nel senso umano: la macchina si potrebbe incaricare di svolgere tutte quelle attività di “cucina di redazione” che tutti conosciamo e che tutto sommato sono noiose, portano via tempo e non danno valore aggiunto; e lasciare a noi più tempo per le notizie importanti, quelle che implicano la necessità di andare sul posto, parlare con le persone, trovare informazioni che in rete non ci sono, che non sono ancora state pubblicate e che sono la vera missione di ogni giornalista. Insomma: più tempo all’inedito, all’indagine, alla profondità. Tutte cose che sono fuori dalla portata della macchina (e lo resteranno a lungo) e che costituiscono il vero valore, insostituibile, del giornalismo.
L’avvento dell’intelligenza artificiale potrebbe paradossalmente regalarci un ritorno alle origini: potrebbe riportarci sul campo, a contatto con le fonti dirette, a dedicare più tempo alle storie, in controtendenza rispetto alla accelerazione degli ultimi anni che troppo spesso spinge alla fretta e all’approssimazione. E potrebbe riportare il pubblico, in un mondo di informazioni caotiche e inaffidabili, a riconoscere di nuovo l’importanza del giornalismo professionale, ben fatto, autorevole.
È una speranza ingenua? Forse. Per dare una risposta a questa domanda, il 30 giugno al Museo della radio e della tv della Rai di Torino, dedichiamo quattro ore alla formazione. Cos’è lo spazio geometrico delle parole? Cosa vuol dire in pratica costruire un “modello di linguaggio”? Faremo un viaggio nelle idee e nelle intuizioni che hanno portato a strumenti come ChatGPT, vedendo i fondamenti di reti neurali e distribuzioni statistiche. Per mettere a fuoco i limiti strutturali di questi sistemi, i loro possibili sviluppi e soprattutto per capire meglio come interpretare i testi che produce: da dove attinge la sua capacità di inventare, perché è scarsamente affidabile.
Faremo poi una breve panoramica delle questioni scientifiche da cui l’avventura della linguistica computazionale nasce, con al centro il rapporto tra linguaggio e pensiero: da Leibniz fino a Turing, Chomsky, Minsky, Penrose. E ancora: la sfida tra i colossi privati e le università, le contraddizioni di una sfida della conoscenza che è diventata una guerra commerciale. Insomma, una occasione per capirne di più e per andare in fondo alla questione.
Fabio De Ponte
Intelligenza artificiale e giornalismo: una bussola per tracciare rotte nella tempesta
Venerdì 30 giugno 2023 – Dalle 9 alle 13 Museo della Radio e della Tv – Via Verdi, 16 – Torino
Introducono: Francesco Marino, caporedattore TGR Piemonte Rai e Alberto Allegranza, direttore museo Radio e Tv Rai. Intervengono: Guido Boella, cofondatore Società Italiana per l’Etica dell’IA, Università di Torino, Luigi Di Caro, docente di linguistica computazionale, Università di Torino, Fabio De Ponte, giornalista Rai e coordinatore gruppo di lavoro Rai Media Lab sull’AI”.
Il corso vale 4 crediti, sarà prenotabile dopo il 21 giugno sulla piattaforma formazionegiornalisti.it