alessandra costante
EDITORIA

23/06/2023

Giornalisti poveri, informazione a rischio

Martedì 27 giugno dalle 14 alle 17 si terrà il corso di formazione “Braccianti dell’informazione: le condizioni attuali e future del lavoro giornalistico”, con la presenza di Alessandra Costante, per la prima volta a Torino da quando è segretaria generale della Fnsi. L’abbiamo intervistata, anticipando alcuni dei temi dell’evento di martedì, in cui si analizzerà lo stato della professione in Italia e in Piemonte. A seguire si terrà l’assemblea annuale della Subalpina, aperta a tutti gli iscritti e le iscritte.

Il giornalista è come il magistrato: «Più è precario, più è a rischio la sua autonomia». Per questo «la scelta degli editori di fare sempre più affidamento sui contratti a collaborazione finisce per mettere in discussione la stessa libertà dell’informazione in Italia». Alessandra Costante, da febbraio alla guida del sindacato dei giornalisti italiani, parla delle sfide e delle difficoltà che si trova di fronte chi vuole fare sindacato dentro e fuori le redazioni.

Costante, il precariato non è purtroppo una novità nelle redazioni italiane. Qual è il quadro oggi?

La situazione ha raggiunto livelli patologici. Il precariato rischia di trasformarsi nel più grande bavaglio all’informazione.

L’Italia non è l’unico Paese in cui si utilizzano giornalisti precari…

Certo. Ma la situazione da noi è peggiore. Gli editori italiani scimmiottano i modelli anglosassoni ma da noi i co.co.co guadagnano tra gli 8 e i 16 mila euro all’anno. E ormai sono quelli che reggono una parte molto significativa del lavoro delle redazioni.

Perché questo diventa un bavaglio alla libertà?

Perché con 8.000 euro all’anno e un contratto precario non solo non si apre un mutuo per la casa ma non si hanno nemmeno i soldi per comperarsi l’attrezzatura del lavoro. E in queste condizioni vivi male il tuo mestiere. E ti confronti quotidianamente con persone molto più forti di te. Senza nemmeno avere la certezza che l’editore ti coprirà le spalle.

Come se ne esce?

In tutti questi anni abbiamo chiesto ai diversi governi che si sono succeduti di abolire i co.co.co nell’editoria. Per paradosso sono più tutelati coloro che hanno la partita Iva. Ma nessuno finora ci ha ascoltato. Al posto dei co.co.co si potrebbe istituire nel contratto una specie di articolo 2 bis che garantisca più tutele.

La diffusione del lavoro precario è anche conseguenza della progressiva riduzione degli articoli 1 nelle redazioni. Come mai la Fnsi ha firmato in questi anni migliaia di prepensionamenti chiesti dagli editori?

Dobbiamo distinguere. C’è stata una prima fase in cui gli editori chiedevano i prepensionamenti perché prevedevano che in un futuro non lontano si sarebbe arrivati a una crisi del settore. E ci sono gli stati di crisi recenti in cui invece le difficoltà dell’editoria sono diventate reali, quasi drammatiche e il prepensionamento è diventato un modo per ridurre l’impatto delle ristrutturazioni.

Ma in questo modo non si riducono all’osso gli organici?

Certo. Ma in questa discussione non c’è solo l’Fnsi. Ci sono anche e soprattutto i comitati di redazione. Sono loro che hanno il polso delle redazioni, che conoscono gli effetti dei piani di ristrutturazione.

In queste ore si parla di un nuovo finanziamento dei prepensionamenti fino al 2028. Firmerete anche questi?

Come abbiamo sempre fatto vigileremo con attenzione di fronte alle richieste degli editori. La scelta è soprattutto dei cdr. I quali a loro volta devono tenere conto delle diverse esigenze dei colleghi. Il lavoro è diventato stressante, molti non vedono l’ora di uscire.

Una delle ragioni dell’aumento dei ritmi di lavoro è anche il sommarsi della carta e del digitale. Spesso i colleghi devono scrivere contemporaneamente per i due mezzi…

Solo adesso si comincia a lavorare seriamente sul digitale. Per molti anni gli editori non ci hanno creduto fino in fondo e hanno regalato il nostro lavoro al web.

Succederà lo stesso con l’intelligenza artificiale?

A differenza di quel che abbiamo fatto con il web dobbiamo stare molto attenti a non demonizzare lo strumento ma a utilizzarlo per quel che ci serve. L’Europa sta lavorando a creare regole. Anche noi dobbiamo farlo. Dovremmo chiedere, ad esempio, che sui giornali e nei siti vengano indicati chiaramente i contenuti ottenuti utilizzando l’intelligenza artificiale.

Una delle prime vertenze che si è trovata a gestire è quella del gruppo Gedi. Che cosa chiede l’Fnsi all’editore?

Vogliamo avere chiarezza sul perimetro di Gedi. All’inizio sembrava un gruppo che cercava di mettere insieme testate diverse. Ora, al contrario, sembra frantumarsi: prima la vendita del Tirreno, ora si parla di quella dei giornali veneti e della Gazzetta di Mantova. Naturalmente la Costituzione garantisce agli editori libertà di scelta. Ma ci si chiede perché creare un gruppo per poi dividerlo. In ogni caso è indispensabile un confronto con il sindacato. L’editore è libero di decidere ma non in totale autonomia: il Re Sole ha fatto il suo tempo.

La Rai è al centro delle polemiche dopo le nuove nomine. Che cosa c’è di strano? È lo spoil system…

Non si tratta di negare il diritto al Parlamento di dare indirizzi al servizio pubblico. Quello che il governo chiama Spoil System altri lo chiamano brutale occupazione dell’azienda. In queste settimane non c’è un Parlamento che vigila ma un governo che occupa la Rai.

La nuova norma sulle intercettazioni limita molto la possibilità di pubblicarle. Non avevamo esagerato con la pubblicazione di telefonate inutili nel processo?

Non mi permetto di giudicare il lavoro dei colleghi. Io sono il sindacato e i colleghi li difendo. Se ci sono degli abusi vanno sanzionati perché vittime di quegli eccessi sono anche i tanti colleghi che svolgono il loro compito con correttezza. La nuova norma sulle intercettazioni toglie la possibilità di dare moltissime notizie. Io sono ligure. Senza le intercettazioni non avremmo capito molte cose del processo sulla tragedia del Ponte Morandi. L’unico discrimine, in fondo, è che una notizia non può essere nascosta.

Leggi per limitare la libertà di informazione, precarietà, la politica che detta legge: qual è il messaggio del sindacato dei giornalisti?

E’ un’avvertenza forte. Contrariamente a quel che si pensa, i giornalisti sono diventati poveri e stanno combattendo con pochissimi mezzi per difendere il diritto costituzionale a un’informazione libera. Se i giornalisti si impoveriscono, si impoverisce anche la libertà di tutti.

Paolo Griseri

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