Al Circolo della Stampa il libro sui 25 anni di Medici senza Frontiere in Italia
Mercoledì 27 settembre alle ore 18.00 a Torino, presso il Circolo della Stampa, Medici Senza Frontiere (MSF) presenta il libro “Umanità in bilico. Medici Senza Frontiere in Italia, venticinque anni dalla parte degli esclusi”, pubblicato in occasione dei 25 anni di azione medico-umanitaria di MSF in Italia e edito da Infinito Edizioni, con prefazione del giornalista e scrittore Marco Damilano.
Con l’autore Giuseppe De Mola, operatore umanitario di MSF, parteciperanno alla presentazione: Lamin Sidi Mamman, mediatore interculturale presso cooperativa Mosaico, Elena Mazzola, volontaria del Gruppo MSF di Torino e componente dei Board di MSF Italia, Jacopo Rosatelli, assessore a Welfare, Politiche sociali e Pari opportunità della Città di Torino e Federica Tarenghi, coordinatrice medica di MEDU – Medici per i diritti umani. A moderare l’incontro sarà Stefano Tallia, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, con il patrocinio dello stesso Ordine.
“Umanità in bilico” è un racconto fatto attraverso le voci degli operatori e delle operatrici che hanno lavorato sul campo in supporto alle persone migranti ma anche alla popolazione italiana in condizioni di fragilità sociale negli ultimi 25 anni in Italia. Una storia iniziata nel 1998, dall’attivazione dei primi ambulatori per stranieri senza permesso di soggiorno nelle regioni del Sud Italia, all’intervento agli sbarchi sulle coste siciliane e calabresi; dalle attività negli insediamenti informali dei lavoratori agricoli stagionali e nelle occupazioni abitative nelle grandi città, fino ai programmi più recenti, durante la pandemia di Covid-19 in Lombardia e sulle navi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo.
Un intero capitolo del volume è dedicato a Torino, con il racconto delle attività svolte dai volontari all’ex Moi, che trova seguito nell’attuale sportello di promozione alla salute e orientamento ai servizi, in collaborazione con la Diaconia Valdese.
«Non possiamo essere indifferenti a ciò che succede dietro l’angolo. Ci riguarda e quindi vogliamo esserci – dice Elena Mazzola, coordinatrice dello sportello MSF, che prosegue – Prossimità significa essere costantemente vicini a qualcuno. A volte non riesci a risolvere i problemi, ma ci sei stato, hai preso a cuore una situazione, hai ascoltato e cercato di favorirne l’inclusione. Per questo chi si è rivolto a MSF sa che potrà sempre tornare”.
L’attuale sportello, denominato HOPE (Health Orientation Promotion Education), è diventato il modello che MSF ha replicato anche in altre città d’Italia, tra cui Palermo, Roma, Udine e Napoli, ed è gestito da volontari che forniscono servizi di orientamento e informazione.
Dall’inizio della sua attività il nuovo sportello di Torino ha fornito supporto a 127 migranti, effettuando poi 211 follow up (dati nella scheda di seguito).
Con l’occasione della presentazione abbiamo parlato con l’autore del libro, Giuseppe De Mola, a proposito del ruolo dell’informazione rispetto a queste tematiche e di come poter “cambiare” la narrazione: «Questo libro – ci ha detto – non è un saggio, né un racconto istituzionale, ma un racconto senza filtri di operatori e operatrici dove viene fuori il meglio, ma anche ciò che non ha funzionato e le criticità, che spesso si ripetono nel tempo. Nel racconto di tutto questo, l’impressione è che si resti spesso in superficie e non si faccia un’analisi in prospettiva. L’obiettivo del libro era quindi quello di mettere in fila i problemi, per vedere come spesso si ripetano e come alcuni problemi di oggi siano simili a quelli del 2011, per esempio. Questo approfondimento storico non è fine a sé stesso, ma crea delle lezioni utili anche per la gestione attuale».
Come si potrebbe cambiare la narrazione e il ruolo dell’informazione nel racconto di queste storie? «Il problema – continua De Mola – è quello di conciliare l’approfondimento necessario con la divulgazione e la “traduzione” della complessità a un pubblico più vasto, che in mancanza di questo genere di informazione risponde purtroppo ad input che parlano alla pancia e non alla testa. Ricette non ce ne sono per cambiare la narrazione, si tratta di grosse tematiche che talvolta vengono assorbite nella ricerca, lecita, di consenso; in questo modo le storie rischiano di svuotarsi di significato, si smette di farci caso, soprattutto perché viviamo in un momento storico in cui la comunicazione è molto semplificata, ridotta e veloce. Si potrebbe provare forse a cambiare qualcosa in questa direzione».
Eugenio Giannetta