Celiachia, da malattia rara a cronica: il Ministero della salute lancia uno screening pediatrico
di Stefano Menna
Al via un nuovo screening pediatrico del Ssn per la diagnosi precoce della celiachia. Dopo l’approvazione dell’iter legislativo in estate da parte di Camera e Senato, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo della legge che delinea un programma di sanità pubblica per individuare le persone a rischio di sviluppare intolleranza al glutine. Lo screening, che sarà effettuato su bambini e ragazzi di età compresa tra 1 e 17 anni, riguarderà anche il diabete di tipo 1. L’obiettivo è ridurre le complicanze, evitare trattamenti inefficaci, d’urgenza o inappropriati, limitare costi e impatto futuro di queste malattie. Le modalità operative saranno competenza di un osservatorio nazionale, composto da esperti e tecnici, che avrà il compito di mettere a punto e realizzare i test. Il monitoraggio partirà quest’anno con una spesa di 3,85 milioni di euro per il 2024 e 2025 e di 2,85 milioni a partire dal 2026.
Una novità importante, dopo la recente entrata in vigore dell’aggiornamento dei Lea che ha visto riclassificare la celiachia da malattia rara a cronica. Non un semplice formalismo burocratico, ma la presa d’atto che il numero delle nuove diagnosi è ormai tale da configurare l’intolleranza al glutine come una condizione complessa e diffusa: secondo i dati di letteratura più aggiornati, riguarda circa l’1% degli italiani, una popolazione significativa che necessita di presa in carico e percorsi terapeutico-assistenziali dedicati.
Eppure solo un terzo dei 600 mila celiaci stimati nel nostro Paese ha ricevuto una diagnosi ufficiale. Gli accertamenti, da eseguire mentre si segue una dieta che non esclude il glutine, si effettuano tramite analisi del sangue (ricerca di anticorpi specifici) ed endoscopia con biopsia dell’intestino tenue. Negli anni si è passati dai poco più di 60 mila casi registrati nel 2007 agli oltre 240 mila del 2021, ultimo dato pubblicato dal Ministero della salute. In media, ogni anno, in Italia si fanno quasi 9 mila nuove diagnosi, in 7 casi su 10 si tratta di donne. Ma sono ancora tanti coloro che non vengono intercettati. Per questo la ratio dell’iniziativa di legge – prima si interviene, meglio è – è stata accolta con favore da ricercatori, esperti e rappresentanti dei malati. Chi è celiaco, ma ancora non lo sa, si espone infatti al rischio di complicanze anche molto gravi e vede peggiorare progressivamente la propria salute, con ingenti costi sanitari diretti e indiretti. Anticipare la diagnosi permette invece di agire subito con una terapia nutrizionale mirata, migliorando qualità della vita e prognosi: l’unica opzione terapeutica oggi disponibile per la celiachia è la dieta senza glutine, che va seguita per tutta la vita.
Lo screening è una forma di prevenzione fondamentale, ma dovrà essere accompagnato anche da una seria e puntuale campagna di comunicazione (lo schema di legge ha stanziato un fondo di 150 mila euro proprio per le attività di informazione della popolazione). Perché, come sottolineano società scientifiche e associazioni dei pazienti, un risultato negativo al test pediatrico non significa essere esenti per sempre dalla malattia e non può escludere che la celiachia non si sviluppi in età adulta o addirittura senile.
Si tratta di un processo di sensibilizzazione che vede protagonisti i medici di medicina generale, sollecitati a fare attenzione a tutti i possibili sintomi. A iniziare da quelle manifestazioni extra intestinali, comuni ad altre patologie, che possono rendere più difficile o ritardare la diagnosi. Se ne è parlato il 10 novembre al convegno annuale dell’Associazione italiana di celiachia, che ha fatto il punto proprio sui sintomi che si manifestano a carico di organi e apparati diversi da quello gastrointestinale. La celiachia – malattia infiammatoria autoimmune innescata dall’ingestione di glutine in persone geneticamente predisposte – oltre a danneggiare villi e mucosa intestinale e ridurre la capacità di assorbimento dei nutrienti (con conseguenti perdita di peso, diarrea e dolori addominali), può essere infatti caratterizzata da sintomi “atipici” come anemia, problemi osteoarticolari, afte, alterazioni dello smalto dei denti, alopecia, infertilità e complicanze in gravidanza. Gli ultimi dati mostrano un aumento dei disturbi legati all’asse fegato-intestino, eruzioni cutanee, ossa, sistema nervoso centrale e sistema riproduttivo femminile: si stima che solo il 16% delle diagnosi totali di celiachia presentino esclusivamente sintomi gastrointestinali. Dal congresso arriva così la conferma dell’importanza di personalizzare il percorso diagnostico e terapeutico: ogni celiaco ha peculiarità tali da richiedere follow-up specifici, quando invece al momento l’iter clinico è ancora troppo uniforme.
Serve allora un approccio integrato e trasversale a livello di assistenza e ricerca, non solo nel settore biomedico. Mettere attorno allo stesso tavolo gastroenterologi, allergologi, immunologi, nutrizionisti – così come esperti di agraria o del mondo dell’industria alimentare – permette di analizzare il fenomeno da molteplici prospettive e discutere delle cause (per esempio, sono in corso promettenti studi su fattori patogenici legati all’industrializzazione di produzione e processamento del frumento) o di soluzioni terapeutiche innovative, anche alternative alla dieta gluten free.