Bersani, Corriere di Chieri: «Due parole chiave: cronaca ed esclusiva»
Prosegue il viaggio della Casa dei Giornalisti attraverso i giornali locali piemontesi, per raccontarne la storia, l’evoluzione, il rapporto con il territorio, con la transizione al digitale e con le nuove generazioni di lettori, in una rubrica che vi accompagnerà in un percorso alla scoperta dell’editoria locale, vera e propria spina dorsale del pluralismo dell’informazione, a presidio della democrazia e a servizio dei cittadini. Questa è la volta del Corriere di Chieri.
Fondato nel 1945, il Corriere di Chieri e dintorni è un settimanale in edicola il venerdì, diretto da Mirto Bersani, con sei giornalisti, grafici, amministrativi e un fortissimo legame con il territorio: «Sull’online – ci spiega il direttore Bersani – siamo ancora un po’ indietro, stiamo iniziando a mettere a fuoco i primi progetti, ma sul cartaceo facciamo un lavoro davvero importante».
Sul tema del digitale Bersani ha le idee piuttosto chiare: «Credo che comunque, per quanti sforzi si possano fare per stare al passo, il futuro del digitale passi dalla possibilità di condividere servizi, a iniziare dalle piattaforme, altrimenti da soli siamo troppo piccoli, non abbiamo un bacino di utenti utile e interessante per gli inserzionisti; se invece facciamo massa e smettiamo di andare ciascuno per proprio conto, si possono fare grandi cose, mettendosi insieme pur mantenendo le individualità».
Raccontando il “suo” Corriere Bersani lo descrive così: «Siamo cronisti al 100%, per noi sono due le parole chiave: cronaca ed esclusiva. Abbiamo una cronaca incentrata sul territorio e cerchiamo di farlo con intelligenza e apertura ai grandi temi. Dai miei cronisti pretendo che si dedichino alla raccolta di dati e approfondiscano sempre le circostanze. Cerchiamo anche punti di vista non consueti, ma l’attenzione deve essere all’esposizione dei fatti non inquinata delle nostre valutazioni. Quando un cronista ha un’idea sua da esprimere per le notizie, lo fa a parte con un commento, un editoriale, ma la notizia deve essere pura».
La seconda parola chiave è esclusiva: «Circa l’80% di quello che esce sul Corriere, non lo trovi da nessuna altra parte, online compreso; voglio che i miei cronisti intervistino persone, cerchino fatti, vadano alla fonte anche quando c’è una notizia che vedono in un post di qualche gruppo social; noi quella notizia non la daremo mai così com’è, prenderemo sempre lo spunto social per andare a esplorare. Credo che fare solo eco ai social screditi il valore della nostra informazione, non dà un valore aggiunto».
I social il Corriere li utilizza principalmente per lanciare le notizie del giornale, per indirizzare all’acquisto del contenuto su carta o in digitale: «La parola “gratis” è un danno per il giornalismo. A chi crede di essere informato soltanto dai social dobbiamo far capire quanto perde a non leggere i giornali».
Il tema delle edicole in chiusura è un problema che tocca anche il Corriere: «Noi funzioniamo più in edicola, abbiamo circa il 20% di abbonati, quindi è un tema caldo quello delle edicole; abbiamo anche noi alcuni centri dove sono diminuite, ma in alcune zone ci siamo attivati dopo le chiusure per distribuire nei bar e nei market».
Anche il Corriere – come molti altri giornali durante il Covid – ha aumentato le vendite: «Chi è stato capace è stato premiato. Ricordo che nelle prime settimane alcuni sindaci si rifiutavano di fornire dati e c’era bisogno di sapere per non alimentare la paura generata dall’ignoranza; facevamo il giro dei medici e davamo comunque i dati prima che fossero messi online. Ci siamo sentiti davvero importanti per l’informazione e per la tenuta del sistema sociale».
L’attuale redazione, spiega Bersani, è figlia del secondo boom economico italiano, ma ci sono anche tanti giovani collaboratori di cui è molto orgoglioso in vista del futuro: «Dopo anni in cui pochi bussavano alla nostra porta per collaborare, ultimamente c’è un aumento incoraggiante di giovani che si mettono alla prova per fare i cronisti. Sono disposti a consumare le suole delle scarpe per raccogliere le notizie, a imparare il mestiere sul campo. Vedo ragazze e ragazzi di grande potenzialità».
E per il futuro il piano è proprio quello, nel tempo, di fare largo ai giovani: «Il mio primo articolo fu una breve sulla banda musicale di Cambiano: avevo 17 anni, poi fui assunto a 21 anni, misi su la redazione dello sport – che prima non esisteva – e dopo qualche tempo mi mandarono a 26 anni a inventare il Corriere di Moncalieri, di cui divenni direttore a 31 anni, per 10 anni. Ne ho fatte tante di cose, per cui ora si inizia a pensare ad un piano per il futuro: vorrei continuare a dare il mio contributo ed essere sempre a portata di mano per chi verrà dopo di me, per dare indicazioni e fare da guida, ma soprattutto mi piacerebbe tornare a scrivere, tornare a fare il cronista, perché è la cosa che più mi manca».
Eugenio Giannetta