Basta ai suicidi in carcere. L’Ordine dei Giornalisti assicura maggiore attenzione
A Torino, come in un gran numero di città grandi e piccole, si è svolta stamane – 18 aprile 2024 – la manifestazione promossa a livello nazionale dai Garanti territoriali dei diritti delle persone private della libertà per dire basta ai suicidi in carcere e rilanciare la richiesta di interventi urgenti di contrasto a un fenomeno che di anno in anno diventa segno inequivocabile di condizioni non più sostenibili. «Le morti in carcere sono troppe – ha sottolineato la garante torinese, Monica Cristina Gallo (l’avevamo intervistata qui, ndr), nel presentare l’iniziativa –, dall’inizio dell’anno contiamo già trenta suicidi, 63 sono avvenuti lo scorso anno e 84 nel 2022. Ai 30 suicidi di detenuti si aggiungono 23 persone decedute di morte naturale e 4 agenti di polizia penitenziaria. Mai abbiamo avuto numeri così elevati e mai condizioni così drammatiche nei nostri istituti penitenziari, con un sovraffollamento che sta raggiungendo i livelli per i quali la Corte Europea per i Diritti umani aveva condannato l’Italia». Ancora una denuncia: «L’unica risposta che arriva è: spostiamo i detenuti. Niente di concreto e immediato, se non aumentare il numero delle carceri o ristrutturare caserme, mentre il progetto ‘Recidiva zero’, presentato a Roma dal ministro Nordio, potrà dare frutti tra dieci anni. I provvedimenti sembrano presi da chi in carcere non ha mai messo piede e nulla sa del malessere dei detenuti che giorno dopo giorno continua a crescere».
Nel salone del Museo delle Nuove, in via Paolo Borsellino, presenti i rappresentanti di una ventina di enti ed associazioni tra i quali Ordine degli Avvocati di Torino, Camera Penale del Piemonte e della Valle d’Aosta, Ordine dei giornalisti, Asgi, Magistratura Democratica, e numerose associazioni di volontariato carcerario, è poi iniziata la lettura dei nomi dei detenuti suicidi, scanditi ad uno ad uno dai presenti: Alessandro, 33 anni, Poggio Reale; Matteo, 23, Ancona; Alam, 40, Cuneo; Fabrizio, Ahmed Adel, Ivano, Danila, Alvaro Fabrizio, morto a Torino… e tutti gli altri.
«Gli istituti penitenziari italiani sono sovraffollati, ci vivono circa 61.000 detenuti, diecimila in più di quelli previsti – ha detto Alice Bonivardo, garante di Alessandria, riassumendo le necessità -; il personale è sottorganico, servono educatrici ed educatori, psicologi, assistenti sociali, criminologi, mediatrici e mediatori culturali. Le giornate dei detenuti passano quasi interamente all’interno delle celle, spesso spoglie e disadorne, senza molto da fare: bisogna cercare le risorse per riempire queste giornate di contenuti. Oggi il carcere è un luogo che stigmatizza e marginalizza. È poi essenziale garantire il diritto all’affettività dei detenuti, con telefonate giornaliere e ampliando i contatti con le famiglie e gli affetti con colloqui e videochiamate. Sono indispensabili anche maggiori risorse per la magistratura di sorveglianza per rende possibile un accesso più facile a misure alternative». Queste richieste verranno ripetute ogni 18 del mese, dopo che il 18 marzo il presidente Mattarella ha lanciato un appello per interventi urgenti. «Ad oggi – ha ricordato Gallo – niente è ancora successo».
Daniela Rossi, consigliera dell’Ordine degli Avvocati, ha portato la solidarietà alla manifestazione dei Garanti «con preoccupazione e sdegno per la situazione del carcere Lorusso e Cutugno di Torino, dove sono detenute 1500 persone a fronte di 990-1100 posti previsti, con solo 16 educatori e una mediatrice culturale». Un convegno sul tema è stato promosso dall’Ordine degli Avvocati per il 23 maggio prossimo.
L’Ordine dei Giornalisti ha assicurato impegno ed attenzione per rendere il mondo del carcere sempre più decifrabile dai colleghi attraverso iniziative di formazione e in generale più vicino all’opinione pubblica.
Angelica Musy, presidente della Fondazione Angelica e Alberto Musy, ha evidenziato come «oggi sia difficoltoso a Torino erogare le borse di studio ai detenuti che seguono percorsi di formazione». Ancora: «Per chi ha subito come la nostra famiglia, la convinzione è che il danno può essere riparato solo quando c’è la possibilità di recupero».
Per l’avvocato Roberto La Macchia, presidente nazionale dei Giuristi Democratici «occorre rilanciare il tema dell’amnistia, completamente messo da parte, unico provvedimento che consentirebbe di ripartire».
Il presidente nazionale dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, l’avvocato Lorenzo Trucco, ha ricordato Mussa Balde, il giovane che si è ucciso nel Cpr di Torino, e gli altri suicidi avvenuti nei Cpr, «strutture che sono una voragine nera, dove la detenzione in assenza di reato è stata portata fino a 18 mesi e dove non esiste nemmeno magistratura di sorveglianza».
Per l’avvocato Maurizio Basile, vicepresidente della Camera Penale “Vittorio Chiusano” esistono tre necessità, per la prima delle quali, è già stato presentato un ddl: libertà anticipata, indulto e numero chiuso nelle carceri, gli unici edifici pubblici senza limiti di capienza.
Maria Teresa Martinengo