Il tempo dell’impegno per non finire come rane bollite
Ho aderito al comitato torinese della “Via Maestra”, un cartello di associazioni e di individui nato a livello nazionale che, come scritto nel manifesto fondativo, «ha posto al centro delle priorità politiche la costruzione di percorsi di pace, la difesa della Democrazia, il diritto alla salute e alla sicurezza, la garanzia a un salario dignitoso, la qualità dell’istruzione e della conoscenza, la lotta al cambiamento climatico, la giusta transizione ecologica, la parità tra i generi e l’inclusione sociale».
Sono sceso in piazza a Torino il 24 aprile dietro allo striscione della sezione Anpi della sede Rai nella fiaccolata che ha ricordato la Liberazione dal nazifascismo e il Primo Maggio sfilerò con la Stampa Subalpina, il sindacato dei giornalisti.
Perché vi rendo note queste cose ? La risposta è nelle pagine dei giornali degli ultimi mesi che raccontano, al di là dei casi specifici, di un clima di crescente insofferenza da parte del potere politico nei confronti di ogni voce critica del nostro paese, quando non di esplicita limitazione della sua libertà.
Intendiamoci. Sono tra coloro che guardano con una certa diffidenza ai ricorrenti allarmi sui rischi di un ritorno del fascismo che, spesso, mi paiono lanciati più per l’incapacità di leggere i fenomeni del presente che non per mettere in guardia da pericoli reali. Se tutto è fascismo, nulla lo è davvero, e il rischio è che, se e quando sarà necessario, pochi riescano a distinguere un allarme vero.
Tuttavia, quanto sta accadendo in Italia non può non preoccupare chiunque tenga ai valori di democrazia e libertà scritti nella nostra Costituzione. Ai tentativi talvolta espliciti e talvolta malcelati, di approvare leggi che limitino la libertà di informazione, si è aggiunto l’intervento del Governo – diretto o indiretto poco importa – a orientare grandi operazioni di acquisizione editoriale come nel caso della seconda agenzia di stampa del paese.
La vicenda della Rai, che si arricchisce ogni giorno di nuovi e preoccupanti episodi, ripropone a trent’anni di distanza il nodo irrisolto del conflitto di interessi, con la tv pubblica e il principale network privato nelle mani di chi siede a Palazzo Chigi e con una pressione della politica che, se possibile, si è fatta ancor più forte. Dire che la questione non è stata risolta neppure dai governi di centrosinistra, non riduce la gravità di un problema che fa scivolare il nostro paese in basso nelle graduatorie sulla libertà di stampa.
La differenza, rispetto alla stagione dell’assalto berlusconiano alla tv, sta negli anticorpi presenti nella società civile. Allora, contro il conflitto di interessi e per la libertà di stampa, si riempivano le piazze e si facevano i girotondi intorno alle sedi della tv pubblica, oggi tutto o quasi pare cadere nell’indifferenza generale o nella reazione di sparute minoranze.
Il rischio è insomma quello di fare la fine di quelle rane che, immerse in una pentola piena di acqua fredda, non si accorgono del progressivo crescere della temperatura fino a non avere più la forza di reagire e mettersi in salvo.
Perché questo non accada è necessaria la mobilitazione di tutti affinché si produca una salutare scossa nella società: il 25 aprile, il Primo Maggio e in ogni giorno e in ogni tempo venga messa in discussione la nostra libertà.
Dentro e fuori la categoria giornalistica, essere spettatori rischia di costare molto caro.
Stefano Tallia, Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte