Il giornalismo sta usando la tecnica sbagliata contro le fake news
Nella newsletter sul digital journalism di Barbara D’Amico di qualche settimana fa si è parlato di polarizzazione, a soprattutto del fatto che le fake news non seguono la razionalità. «Le fake news – scrive D’Amico – sfruttano un meccanismo di diffusione che ha molto meno a che fare con la comunicazione razionale, con le scelte asettiche e non condizionate da aspetti umani, e molto di più con il bisogno di appartenenza sociale».
D’Amico poi si chiede che ruolo ha il giornalismo in tutto questo. «Il giornalismo – scrive – non dovrebbe preoccuparsi solo di parlare a chi già la pensa in un certo modo. Non dovrebbe soprattutto investire energie nel cercare di convincere terrapiattisti, veri no vax o veri estremisti: è carburante oggettivamente sprecato perché il livello di radicalizzazione e polarizzazione su quelle fasce ha raggiunto picchi troppo alti per essere facilmente reversibile».
«Il giornalismo – continua D’Amico – dovrebbe invece parlare alla zona grigia, agli indecisi: creare un terreno comune in cui accogliere chi rischia di smarrirsi. Ad esempio, iniziando ad abbandonare format comunicativi alla “panem et circenses” che scimmiottano l’uso aggressivo della parola e promuovono lo scontro anziché l’incontro».
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