Ghirotti: «Impegno civile con il racconto giornalistico di inchiesta»
A cinquant’anni dalla morte avvenuta a soli 54 anni il 17 luglio 1974, venerdì 6 dicembre all’Hotel Principi di Piemonte si è tenuto uno straordinario ricordo e momento di riflessione sulla vicenda di Gigi Ghirotti. Il coraggioso giornalista vicentino in forza alla “Stampa” che – colpito dal cancro – raccontò per primo sulla propria pelle, giorno per giorno e con l’oggettività del cronista, l’universo della malattia.
Dopo mezzo secolo Ghirotti resta il più straordinario inviato embedded nel tunnel della malattia e dell’ospedalizzazione, e tra i pionieri di un tema oggi al centro della riflessione deontologica del giornalista: la corretta informazione al malato. L’incontro promosso dall’Ordine dei Giornalisti del Piemonte e organizzato dalla Fondazione Gigi Ghirotti, ha visto la partecipazione di diversi personaggi di primo piano del giornalismo e della comunicazione, mettendo in evidenza uno dei messaggi più importanti di Ghirotti, dato dalla parola, dalla trasmissione della stessa e dall’importanza di far arrivare un messaggio a tutti e tutte, denunciando un linguaggio, quello medico, spesso oscuro al paziente. La sua capacità è stata quindi quella di fare ponte tra due mondi, quello del curante e quello del paziente, facendosi mediatore e trasmettendo una coralità nel messaggio attraverso il dialogo.
In ultima analisi, nell’arco dell’incontro, si è parlato molto dell’importanza della formazione, tema caro a Ghirotti all’epoca e all’Ordine dei Giornalisti del Piemonte oggi. Nel primo panel della giornata si è parlato in particolare di informazione e sanità, di come cambia la tecnica e il linguaggio, con Vincenzo Morgante, giornalista, presidente Fondazione nazionale Gigi Ghirotti, direttore Tv 2000, Francesco Marino, caporedattore Rai Tgr Piemonte, Alberto Sinigaglia, giornalista, presidente dl Polo del 900, amico e collega di Ghirotti alla Stampa, Emilio Carelli e Gian Antonio Stella, giornalista. Così Morgante: «Il giornalismo è molto cambiato in 50 anni: un tempo vi era una distinzione netta tra fruitore e produttore della notizia, oggi non è più così; altro argomento di attualità: il luogo di incontro della notizia. Ai tempi di Ghirotti si incontrava sui giornali la mattina e nei pochissimi giornali radio, oppure nell’unico notiziario in tv dell’unica rete, mentre oggi la notizia la incontriamo ovunque, è nei nostri smartphone, sui vagoni del treno, nei supermercati e questo cambia la percezione». Alle parole di Morgante seguono quelle di Carelli: «Per capire come è cambiata l’informazione sulla malattia, oggi dobbiamo capire come è cambiata la percezione della malattia, nonché il rapporto medico paziente». Infine Marino, Sinigaglia e Stella hanno posto l’accento sul tema del linguaggio, sulla sua evoluzione e sugli aspetti linguistici.
Nel secondo panel invece si è parlato di etica e informazione con Fabrizio Siggia, presidente esecutivo Fondazione Ghirotti, Stefano Tallia, presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte e Cristopher Cepernich, Sociologo della comunicazione e dei media all’Università di Torino. Queste le parole introduttive di Siggia: «Ghirotti ha avuto uno straordinario compito – ed è stato in questo una sorta di eroe – di essere stato un apripista sui temi della malattia; credo abbia avuto il grande valore dell’etica dell’informazione, ha sfondato muri, ha sfidato silenzi, per aprire i vincoli della casta dei malati, sdoganando il termine cancro, rispettando da una parte il valore della malattia, conferendo dignità e portando avanti un impegno civile tramite il racconto di un giornalismo di inchiesta».
Alle parole di Siggia seguono quelle di Cepernich: «In Ghirotti il livello della soggettività è un piano importante e interessante, soprattutto nella sua attualizzazione, nella narrazione della propria sofferenza, nella percezione individuale, nel racconto della malattia, dove ha una grande capacità di semplificazione ma mai di banalizzazione del racconto. Fare giornalismo alla maniera di Ghirotti significa fare giornalismo mettendoci qualcosa in più della qualità, perché serve attenzione e il racconto personale non è e non deve essere in competizione con il racconto giornalistico; oggi nei social anche la spettacolarizzazione del dolore ha una sua funzione, infatti giornalismo e racconto esperienziale sono due cose molto diverse. Il racconto alla Ghirotti è importante per raccontare cos’è la medicina, cos’è l’ospedale, quali sono i livelli diversi di conoscenza».
A chiudere il panel è il presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte Tallia, che prima di prendere la parola sottolinea la medaglia di riconoscimento a Ghirotti nel 1973 da parte dell’Ordine nazionale per i doveri sociali di giornalista e per aver illustrato la professione con coraggio: «Credo Ghirotti possa essere un buon esempio per nuove leve del giornalismo e credo sia importante continuare a dialogare su questi temi ancora e ancora; i social sono un mare, all’interno ci sono diverse componenti, c’è la comunicazione, i diari, i blog, il racconto personale e poi l’informazione; elementi non in competizione ma differenti, con nozioni diverse. L’informazione è centrale per la tenuta democratica del paese, soprattutto quella di qualità. C’è una parola evocata prima di me che mi è cara, ed è il tema della responsabilità, con cui si svolge questo mestiere. Una responsabilità che oggi richiede anche competenze più alte e approfondite rispetto al passato, per offrire ai lettori strumenti necessari per formarsi un’opinione documentata; la formazione è in questo senso un elemento fondamentale e doveroso, uno dei compiti dell’ordine dei giornalisti».
«Non è più sufficiente – prosegue Tallia – consumare le suole delle scarpe. Ci sono strumenti diversi e decisivi, come è decisivo entrare in un dialogo più profondo con altre professionalità. A gennaio firmeremo con l’Ordine dei medici il rinnovo di una carta professionale per le buone pratiche nell’informazione scientifica; lo facciamo perché crediamo sia importante costruire una formazione per conoscerci reciprocamente, anche nelle differenze. E soprattutto per capire come trattare argomenti delicati per la vita delle persone, dove l’attenzione deve essere massima. Un’ultima considerazione riguarda il tipo di racconto, il come raccontiamo la malattia e come si è evoluta la nostra sensibilità; come giornalisti non siamo chiamati a esprimere opinioni, ma dobbiamo avere il compito di offrire tutti gli strumenti per far formare un’opinione libera e documentata. Questa è la responsabilità e il ricordo di Ghirotti, la sua eredità».