GIORNALISTI

02/05/2025

Il giornalismo come ponte tra Italia e Romania, intervista a Luiza Diculescu Dinică

In un’epoca segnata da cambiamenti rapidi, polarizzazione del dibattito pubblico e disinformazione crescente, l’informazione responsabile torna al centro dell’attenzione. È proprio in questo contesto che l’8 maggio a Torino si terrà l’evento “Informare con responsabilità: giornalisti italiani e romeni, voci convergenti per l’Europa di oggi”, corso promosso da Ordine dei Giornalisti del Piemonte, organizzato da Rivista IR di Torino in collaborazione con Associazione Primo Passo.

In vista di questo importante appuntamento formativo, proponiamo un’intervista alla fondatrice e direttrice della Rivista IR e di Radio Lu, due progetti editoriali nati per dare favorire il dialogo tra comunità. Nata durante la pandemia da Covid-19, la Rivista IR ha scelto fin dall’inizio la strada del bilinguismo e della multiculturalità; Radio Lu, lanciata nell’agosto 2024, rappresenta la sua naturale evoluzione, uno spazio dinamico che vuole raggiungere anche i momenti informali della quotidianità. Entrambi i progetti convergono oggi in RodPress, un’iniziativa che mira a creare reti stabili di collaborazione tra giornalisti romeni e italiani.

In questa intervista Luiza Diculescu Dinică ci guida all’interno di queste esperienze, raccontando le sfide del giornalismo digitale, il valore della verità in un panorama mediatico spesso frammentato e il bisogno di costruire nuovi linguaggi inclusivi e responsabili.

Come nasce l’idea della Rivista IR e di Radio Lu? Cosa vi ha spinto a creare uno spazio bilingue e multiculturale?

«La Rivista IR, registrata ufficialmente presso il Tribunale di Torino nel 2021, è nata all’interno dell’Associazione Primo Passo durante il difficile periodo della pandemia da Covid-19. In quel momento ho assunto il ruolo di responsabile della comunicazione dell’associazione, e insieme ad altri professionisti abbiamo sentito l’importanza di creare uno spazio in cui le comunità romena e italiana potessero incontrarsi, riconoscersi e dialogare oltre gli stereotipi. Io sono direttrice responsabile della rivista, il direttore generale è il coreografo Iurie Raileanu, presidente di Primo Passo, mentre il ruolo di caporedattore è affidato allo scrittore italiano Francesco Altieri. Radio Lu, invece, è nata nell’agosto del 2024, spinta dalla mia grande passione per la comunicazione e dal senso di responsabilità verso la comunità. Ho studiato Giornalismo presso l’Università di Bucarest e ho lavorato per 14 anni in radio. Sentivo il bisogno di creare uno strumento moderno, dinamico e accessibile, pensato per i romeni che vivono all’estero, affinché potessimo condividere bisogni, valori e visioni comuni. La Rivista IR è nata come spazio bilingue, italiano e romeno, per facilitare l’incontro interculturale, mentre Radio Lu ne rappresenta l’evoluzione naturale, una voce fresca e coinvolgente, capace di raggiungere anche i momenti più informali della nostra quotidianità. Entrambe hanno un obiettivo preciso: dare visibilità a storie, esperienze e idee spesso ignorate dal dibattito pubblico. Raccontiamo l’Italia vista dai romeni e la Romania vista dagli italiani, creando ponti culturali autentici».

In che modo il progetto RodPress contribuisce a costruire un ponte tra le comunità romena e italiana?

«RodPress rappresenta una piattaforma concreta di dialogo e collaborazione tra giornalisti romeni e italiani. Un passo fondamentale in questo percorso sarà l’apertura della filiale torinese dell’Unione dei Giornalisti Professionisti della Romania, filiale IASI (UZPR). Io sono iscritta all’Ordine dei Giornalisti del Piemonte dal 2013, e ora sono pronta a rafforzare anche la rappresentanza romena. L’incontro dell’8 maggio segnerà un momento storico: la nascita ufficiale di questa filiale, della quale sarò presidente. RodPress sarà il motore di scambi, formazione, co-produzioni e sinergie, con l’obiettivo di promuovere un’informazione di qualità e inclusiva».

Qual è, secondo te, la responsabilità principale del giornalista nel contesto attuale europeo?

«Il giornalista oggi ha il dovere di essere molto preparato e di proteggere la verità attraverso i valori fondanti della professione. Viviamo in un’epoca in cui la manipolazione delle parole può causare danni profondi, e il fenomeno delle fake news lo dimostra chiaramente. La parola è uno strumento potente: può costruire, ma anche distruggere. Il nostro compito è quello di sempre, in realtà: custodire l’etica, l’obiettività e il rispetto della verità».

Quanto è difficile, oggi, raccontare la verità in un panorama mediatico spesso polarizzato e veloce?

«È difficile. Tuttavia, non dobbiamo mai scendere a compromessi sulla qualità. Il giornalista professionista ha il dovere di mantenere la propria dignità, integrità e senso critico. Deve restare un vero “cane da guardia” della verità e della democrazia, anche quando tutto sembra spingere verso superficialità e semplificazione».

La diaspora romena nei media. Mi dici qualcosa in più su come questo tem è rappresentato?

«La diaspora romena è molto presente nei media, ma spesso non vengono rappresentati i veri valori e le sfide reali della nostra comunità. Purtroppo, tanti giovani romeni nati all’estero si sentono stranieri nella terra d’origine e, allo stesso tempo, non pienamente accettati nel Paese in cui sono nati. Hanno bisogno di punti di riferimento solidi, sia culturali che psicologici, per non restare sospesi “tra Cielo e Terra”. I media possono e devono fornire questi riferimenti».

Parliamo di etica nel giornalismo digitale: quali sono le sfide che affronti quotidianamente come direttrice?

«Lavorare nella diaspora significa anche affrontare la mancanza di giornalisti professionisti ben formati. Ci sono, ma non tanti. Per fortuna, collaboro costantemente con la stampa italiana e romena, ma trasmettere concetti sani sul giornalismo a chi crede che sia una professione “che può fare chiunque” è complicato. Non è così. Il giornalismo richiede vocazione, passione, paragonabile forse a quella del teatro o dell’arte, in genere, ma anche grande responsabilità, formazione accademica e tanta pratica sul campo. Non si improvvisa».

Come si costruisce un linguaggio inclusivo e rispettoso nel giornalismo, soprattutto in contesti interculturali?

«Servono rigore deontologico, coscienza e una forte etica professionale. Bisogna raccontare la verità in modo completo, senza nascondere né il bene né il male, ma valorizzando le radici e la ricchezza di ogni cultura. Le persone sono naturalmente attratte dalle storie degli altri popoli. Quindi, raccontarle con rispetto e profondità è il primo passo verso l’inclusione».

Che tipo di collaborazioni auspichi tra giornalisti romeni e italiani per rafforzare la qualità dell’informazione?

«Auspico collaborazioni strutturate e continuative: co-redazioni bilingue, progetti di formazione condivisi, scambi editoriali, reportage congiunti, programmi culturali e di approfondimento. Lavorare insieme significa mettere in rete le competenze e costruire una narrazione più completa e plurale, che possa riflettere la realtà complessa delle nostre comunità e per l’Europa in genere».

Quali sono i prossimi passi per Rivista IR e Radio Lu? Avete progetti in cantiere per ampliare il pubblico o i contenuti?

«Sì, ne abbiamo un progetto stiamo sviluppando il progetto RodPress, sostenuto da enti come ODG Piemonte, UZPR Iași, anche il Governo Romeno ed il Consolato Generale della Romania a Torino e altre autorità locali. Il progetto prevede eventi, corsi di formazione, seminari, webinar e iniziative culturali congiunte, con l’obiettivo di rafforzare la professionalità, l’integrazione e la visibilità delle voci romene e italo-romene nei media. Vogliamo ampliare il nostro pubblico e continuare a costruire un’informazione che unisca, ispiri e valorizzi. Per Radio LU desidero tanti ascoltatori nella diaspora e, insieme alla rivista IR, di diventare un punto di riferimento per i romeni in Italia e all’estero».

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