
Un incontro al Sermig per riflettere sul racconto della città
Dopo l’appello dei religiosi a non dimenticare le risorse che vivono e operano nelle periferie
Nella stanza, all’interno del grande arsenale militare trasformato in luogo di pace, ci sono il suo fondatore Ernesto Olivero, la donna che ne ha raccolto l’eredità, Rosanna Tabasso, don Andrea Bisacchi, uno dei religiosi che hanno firmato l’appello ai giornalisti a non dimenticare quanto di buono vive nelle periferie torinesi e il mio amico Maurizio Fornaciari, vulcanico e generoso volontario del Sermig. Sono stati loro a chiedermi un incontro dopo la puntata del Diario della scorsa settimana nel quale avevo rivolto ai colleghi l’invito a non sottovalutare le parole dei religiosi contenute nel documento. È sempre bello quando dalle parole nascono occasioni di confronto, ancor di più quando questo permette una riflessione più ampia sui fenomeni sociali delle nostre città.
Così, mi raccontano di come, certo, i problemi non manchino: dal diffondersi tra i giovani del crack – droga letale e difficile da abbandonare – alle contraddizioni generate dall’emarginazione, degli stranieri e non solo loro. Il crescere della povertà anche in ambienti sociali che fino a qualche tempo fa ne erano al riparo, non fa che rendere la situazione più critica ed è da queste criticità che scaturiscono spesso i fatti di cronaca. Quei fatti che l’informazione non può ovviamente tacere e che però possono assumere colorazioni e sfumature diverse a seconda di come vengono raccontati. Perché un conto è un quadro tutto nero, un conto è un dipinto nel quale riescono invece ad emergere anche le macchie di colore: la complessità, si direbbe con un’espressione talvolta abusata.
I colori della speranza sono quelli che vengono raccolti quotidianamente dalle parrocchie e dalle strutture del volontariato che sono punti di riferimento attivi sul territorio ventiquattr’ore su ventiquattro e che spesso riescono a restituire soluzioni dove intercettano problemi. Me lo dice con forza e convinzione don Andrea che racconta di quanti, anche nelle condizioni più disperate, non lesinino il loro impegno: nel volontariato e in mille azioni quotidiane che hanno come obiettivo la riduzione dell’isolamento sociale che è alla base di molti dei problemi di Torino e delle grandi metropoli europee. Sfide difficili, ma nella discussione interviene a questo punto Ernesto Olivero che mi ricorda le origini del posto nel quale ci troviamo, quanto apparisse impossibile allora trasformare un arsenale militare in rovina in un luogo di accoglienza che oggi è punto di incontro per persone di tutte le confessioni religiose. Pareva un’utopia e invece è diventata realtà grazie a quell’ingrediente che il cardinal Zuppi, pochi giorni fa e proprio al Sermig, ha definito il “rischio della speranza”.
Ci siamo lasciati con l’impegno a non perderci di vista provando a portare i responsabili delle cronache cittadine tra le mura di piazza Borgo Dora per un confronto sul racconto della città con quei religiosi che hanno lanciato l’appello a non dimenticare le risorse e il bello che c’è nelle periferie. Ci lavoreremo nelle prossime settimane, è un impegno anche questo.
Stefano Tallia, Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte