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09/11/2025

La responsabilità nel comunicare: uno sguardo plurale

Ma che cosa vuol dire avere responsabilità nel comunicare? È questa la domanda che UNA, l’Associazione che riunisce in Italia le aziende della Comunicazione, pone ai relatori invitati a intervenire il 13 novembre all’Istituto Le Rosine di Via Plana, a Torino.

Lo “sguardo plurale” evocato dal titolo della riflessione interroga infatti professionisti diversi: il modo dell’azienda, quello della pubblicità, quello della creazione culturale, il giornalismo. Punti di vista differenti che leggono presupposti e cercano obiettivi non sempre allineati.

E per i giornalisti che cos’è la responsabilità del comunicare? La domanda è troppo impegnativa per avere risposte apodittiche, che si arroghino verità assolute.

Certo, la deontologia, da interiorizzare. E, certo, la verifica, il controllo, la continenza, la completezza.

Questo basta?

Forse c’è ancora un aspetto da indagare o quanto meno da considerare a fondo nel chiedersi cosa possa definire la responsabilità di chi informa e comunica, in questo tempo.

Viviamo in un mondo in cui tutti comunichiamo, sempre: con un post, un reel, un comunicato o una battuta in riunione.

Le tecnologie nell’ultimo secolo hanno trasformato la comunicazione, creando una dimensione in cui la pervasività non è un elemento di dettaglio. Non sfugge quindi a differenza fra una articolo scritto su un giornale anche solo 30 anni fa e un post pubblicato oggi su una qualsiasi piattaforma: la velocità e la capacità di penetrazione alterano strutturalmente la portata del messaggio e – secondo un meccanismo che tutti conosciamo – lo rendono vero, o veritiero, al di là e nonostante le verifiche e le contraddizioni.

In altre parole la tecnologia ha generato un mondo nuovo.

E il mondo che viviamo on line, anzi on life è reale, è quella in cui ci informiamo, su cui rappresentiamo la nostra giornata, le nostre riflessioni, le convinzioni politiche. Quella che Luciano Floridi chiama l’Infosfera, è il nuovo contesto nel quale misurarsi. Disinformazione, non veridicità, odio on line, clickbyte sono il rovescio della medaglia di un flusso ininterrotto di informazioni nel quale siamo immersi.

Cosa serve quindi per essere responsabili nella nostra infosfera? Azioni individuali che vadano anche oltre la deontologia, ispirate a una sorta di “infoetica” che tenga conto dello scenario evitando la superficialità, e azioni collettive per cui aziende, istituzioni, operatori del settore, piattaforme digitali lavorino insieme per sviluppare modelli comunicativi più equi, inclusivi e sostenibili.

Ma questa è solo l’idea (modesta) di chi scrive. Lo sguardo plurale e le riflessioni dei relatori – Marzia Camrda, Tania Cerquitelli, Riccardo Fava, Nicolò Ferraris, Chiara Foglietta, Jacopo Morini, Laura Onofri e Christian Zegna – definiranno meglio e in modo corale il senso nuovo di un concetto antico come la responsabilità.

Carla Piro Mander

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