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GIORNALISTI

18/11/2025

Torino, Carola Vai presenta il libro Filomena Nitti e il Nobel negato

Una donna di scienza, ma non solo: una pioniera, capace di muoversi tra i laboratori del Pasteur e le battaglie sociali per l’accesso ai farmaci anche per le persone con fragilità economiche. Una vita avventurosa, prima a Parigi, poi in Russia, poi di nuovo a Parigi. Eppure rimasta nell’ombra, esclusa da un Premio Nobel che – sostiene giustamente Carola Vai«avrebbe meritato quanto e forse più di altri». Si tratta di Filomena Nitti, protagonista del nuovo libro della giornalista e scrittrice torinese, Filomena Nitti e il Nobel negato (Rubbettino), scritto con il contributo della nipote Maria Luisa Nitti.

Il volume sarà presentato giovedì 20 novembre alle 18 al Circolo della Stampa – Palazzo Ceriana Mayneri (corso Stati Uniti 27, Torino). Con l’autrice dialogheranno Stefano Tallia, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, Elisabetta Sardi, medico e direttore sanitario, e Claudia Tomatis, responsabile Ansa Piemonte.

Figlia di Francesco Saverio Nitti, presidente del Consiglio grande statista del Mezzogiorno, Filomena nasce nel 1909, lo stesso anno di Rita Levi Montalcini, con cui incrocerà più volte il cammino, seppur nelle differenze. Sono infatti due donne diversissime, ma accomunate «da una tenacia feroce e da una dedizione per la scienza», racconta Vai.

Filomena cresce tra la Svizzera e Parigi, studia, si laurea in scienze, si lega prima a Giorgio Amendola e poi a un giovane giornalista polacco, che sposa contro la volontà dei genitori. Con lui si trasferisce nella Mosca staliniana, ma capisce presto di aver commesso, dice Vai, «un errore colossale». Fugge con i due figli e torna a Parigi, nella casa dei genitori.

È qui che ricomincia da zero. Lavora nelle farmacie, poi ottiene con ostinazione una borsa di studio al Pasteur, dove già lavorava il fratello Federico. E dove incontrerà Daniel Bovet, futuro Nobel per la medicina nel 1957 e suo secondo marito.

Per Carola Vai, che ha già firmato l’unica biografia completa di Rita Levi Montalcini, la storia di Filomena Nitti è quella di una donna cui la comunità scientifica non ha reso giustizia.

«Era la collaboratrice principale di Bovet – dice –. Usava uno strumento che sapeva azionare solo lei. Molti lavori scientifici non sarebbero stati possibili senza il suo apporto. Eppure, quando lui ricevette il Nobel, lei fu invitata in Svezia solo come moglie».

Ben diversa, sottolinea Vai, la storia della Montalcini: «Rita aveva imparato dal professor Levi l’importanza di comunicare ogni scoperta. Filomena invece non era attenta alla comunicazione, e nemmeno Bovet lo era. Questo ha certamente pesato moltissimo».

Diversamente dalla Montalcini, Filomena scelse di dividere la propria vita tra ricerca, famiglia e impegno pubblico e non si dedicò quindi solo alla scienza. Lottò per calmierare il prezzo dei farmaci, sostenne battaglie per l’alfabetizzazione nel Sud e per una sanità accessibile alle fasce più fragili. Un’eredità che oggi, lentamente, viene riscoperta: nel 2024 l’Istituto Superiore di Sanità ha intitolato a lei e al marito l’aula “Nitti-Bovet”.

«Filomena aveva un senso del sociale fortissimo, forse perché nata in una famiglia politica – spiega Vai –. Cercò sempre di essere perfetta in tutto, nella scienza come nei legami familiari».

Il libro ricostruisce una vicenda personale intrecciata alle grandi trasformazioni del Novecento: dall’esilio antifascista alla Parigi del Pasteur, fino all’Italia del dopoguerra e ai riconoscimenti mancati. Una storia «interrotta», come ricorda l’autrice, con la morte di Filomena nel 1994.

A spingere Vai a dedicare anni di ricerche a questa figura è stata la nipote, Maria Luisa Nitti: «Mi ha cercata perché sono appassionata di biografie. Non conoscevo Filomena. Ci sono voluti due anni prima che iniziassi questo lavoro, ma ho capito subito era una storia che meritava di essere raccontata».

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