
Addio a Ernesto Marenco, maestro gentile del giornalismo torinese
Ernesto Marenco, Esto per tutti gli amici e i colleghi, il mitico capocronista della Gazzetta del Popolo di corso Valdocco e poi di Stampa Sera, se n’è andato la sera di lunedì 7 luglio, all’età di 90 anni, all’ospedale Gradenigo.
Il suo nome è stato per decenni uno dei più importanti nella storia del giornalismo subalpino. Legato per sempre, assieme a quello del suo amico fraterno Claudio Donat-Cattin, e poi di molti altri colleghi, di tipografi e impiegati amministrativi, a uno dei momenti più alti delle battaglie per la libertà di stampa e il pluralismo dell’informazione nella storia dell’Italia repubblicana: quello dell’autogestione della Gazzetta del Popolo. Quando, nel 1974, per 14 mesi la cooperativa dei lavoratori del giornale e i sindacati dei giornalisti e dei poligrafici lo mandarono in edicola salvando uno dei più antichi quotidiani italiani. Assicurando così a Torino e al Piemonte “l’altra voce” e impedendo il monopolio informativo de La Stampa, il giornale degli Agnelli e della Fiat.
Un’avventura straordinaria che si sarebbe conclusa nel 1981 con il fallimento, ma che nel frattempo aveva offerto al giornalismo italiano firme e talenti che hanno continuato a mantenere vivo il ricordo di quella Gazzetta. Vicende che, in una recente intervista all’edizione torinese del Corriere della Sera, Marenco aveva rievocato citando soprattutto una grande inchiesta del “suo” giornale: quella sullo “scandalo dei baroni” della facoltà di medicina dell’Università torinese. Realizzata da due giornalisti di allora della cronaca guidata da Marenco: Claudio Donat-Cattin e Vito Napoli. Un lavoro giornalistico che portò a un clamoroso processo penale: che coinvolse alcuni potenti non solo di Medicina, ma anche degli assetti di controllo di Torino in quegli anni attorno agli Agnelli e alla loro fabbrica. Un’inchiesta che valse ai suoi autori il Premio Saint Vincent.
Esto era figlio d’arte: suo padre Roberto era stato giornalista all’Eiar e poi a lungo corrispondente di economia da Torino per il Sole. Prima di entrare alla Gazzetta del Popolo nel 1967, Marenco aveva collaborato con la redazione Rai della nascente tv di via Verdi.
Per molti giovani giornalisti (alla Gazzetta, poi a Stampa Sera, infine a La Stampa) Esto è stato a lungo un vero e formidabile maestro, figura oggi sempre più rara nell’informazione segnata dalla crisi e dalle frettolosità e dalle ignoranze del web: nella valutazione delle notizie, nella loro scrittura, nella titolazione e nella gestione della pagine del giornale. Il tutto sempre esercitato, però, con garbo e al massimo con una sottile, ma mai perfida ironia: senza fare uso di cattiveria, di disprezzo o di umiliazioni nei confronti dei colleghi. Esto è stato così la dimostrazione vivente che, in una redazione, per fare bene il capo non c’è bisogno di essere per forza cattivi e arroganti.
Ettore Boffano
(Foto Tonino Di Marco)