L’arte dell’intervista raccontata da un maestro delle interviste
Su Digieffe, gruppo Facebook sul giornalismo e i media creato da Luigi Rancilio, giornalista e responsabile social di Avvenire, è stata riportata un’interessante intervista a David Marchese, giornalista del New York Times, maestro dell’intervista, in cui sono sintetizzati alcuni consigli su come fare un’intervista al meglio. Ne riportiamo qui di seguito alcuni stralci, utili come guida o “comandamenti” per fare buone interviste.
1) «Non ho mai ricevuto consigli da altri giornalisti su come fare bene le interviste».
2) «La preparazione di un’intervista è una cosa molto importante. Per alcune ho impiegato anche diverse settimane, soprattutto per cercare materiale che non si trova su Google».
3) «Mentre si fa l’intervista uno degli errori è essere troppo rigidi nel seguire lo schema che hai preparato. Devi lasciare andare la conversazione dove vuole, perché se ti sei preparato bene in qualunque direzione andrà, avrai una domanda che la porterà a qualcosa di interessante. In più se sei preparato dimostri all’intervistato che lo prendi sul serio, che lo rispetti; e questo ti aiuterà a renderla più informale e intima».
4) «Ovviamente non è sempre possibile convincere qualcuno a parlare di qualcosa di cui non vuole parlare. Ma se sei sincero e dici frasi come: “Senti, so che è difficile parlarne” oppure “So che è qualcosa di cui non vorresti parlare” o addirittura: “Questa non è una domanda facile da porre per me”, gli dimostri comprensione è quindi sarà molto difficile che l’intervistato ti confermi che non vuole parlare di quella cosa o di quell’argomento».
5) «Cosa si deve fare se durante un’intervista l’intervistatore perde il filo? È un po’ difficile dirlo in modo specifico perché parliamo di processi cognitivi. Una cosa che trovo molto, molto utile è provare, prima di un’intervista, a memorizzare domande o argomenti. Personalmente leggo e rileggo le domande diverse volte nella speranza di fissarle nella mia mente in modo da non dovere sfogliare pagine di appunti per (ri)trovare la domanda giusta».
6) «Cerco di non fare mai riferimento agli appunti durante un’intervista. Faccio del mio meglio per riuscire a mantenere il contatto visivo e farlo sembrare naturale».
7) «Come mi comporto nel lavoro che segue all’intervista? Molte persone credono che un’intervista sia solo una trascrizione. Il giornalista ha formulato queste domande brillanti e le ha poste nell’ordine giusto, e l’intervistato è tornato con queste risposte completamente coerenti, e quelle entrano testualmente nel pezzo ed è fatta. Ma in realtà non è così che funziona davvero. C’è un’enorme quantità di lavoro che avviene dopo che la conversazione è avvenuta. Solo in termini di riempitivo verbale, c’è così tanto che devi eliminare. O se qualcuno cambia il tempo verbale a metà della risposta. Ecco perché, sempre più spesso, alla fine delle interviste le pubblicazioni includono il disclaimer: “Questa conversazione è stata modificata per chiarezza”».
8) «Comunque penso che il mio lavoro sia quello di fornire l’intervista più approfondita e interessante che posso. Non tutto ciò che è stato detto durante la conversazione vera e propria finisce per essere interessante o approfondito. Puoi anche trovarti a dover tagliare 15 minuti di domande. Scrivere un’intervista è una forma di narrazione. Non vuoi che la conversazione sembri tortuosa e sconnessa. Stai cercando di creare qualcosa che abbia slancio narrativo, tensione e piccoli momenti intimi. Non devi però mai cambiare le parole o il significato di ciò che qualcuno ti ha detto né ricostruire qualcosa in modo che il significato possa essere interpretato in modo diverso. Sono molto severo a riguardo. Ma sono altrettanto severo nell’includere solo le cose che ritengo siano penetranti o che contribuiscano alla forma più ampia del pezzo».
9) «È indubbio che la permalosità degli intervistati e dei loro uffici stampa stia rendendo sempre più difficile fare interviste non addomesticate. La cosa che mi interessa di più quando le faccio è suscitare risposte inaspettate, divertenti e rivelatrici».
10 «Ricordo un incontro-scontro con Lou Reed. È stato offensivo e aggressivo con me, e non solo non ha risposto veramente alle mie domande, ma ne ha contestate molte. Alla fine, ero convinto fosse stata una tragedia. Ma riascoltando l’intervista per scriverla ho scoperto che era giornalisticamente molto buona. Ho capito che è un desiderio molto umano voler piacere a una persona mentre conversi con lei, ma in termini di ciò che dovrebbe fare un intervistatore, non è la cosa più importante».