Il lungo addio all’avvocato Segre. Folla alla camera ardente e alle esequie al Monumentale. Il saluto dei giornalisti torinesi e piemontesi al fondatore del Centro Studi sul giornalismo Pestelli
Una grande e commossa folla ha dato l’addio all’avvocato Bruno Segre, fonatore del Centro Studi sul giornalismo Pestelli. La mattina alla camera ardente al Polo del ‘900 e nel pomeriggio al cimitero Monumentale. Presenti il sindaco di Torino Lo Russo, il presidente della Regione Cirio, gli ex sindaci Chiamparino e Appendino, consiglieri comunali, amici, compagni, rappresentanti dell’Anpi e di altre categorie e associazioni.
A nome dei giornalisti torinesi e piemontesi il presidente del Centro Pestelli Giorgio Levi ha ricordato così il giornalista Bruno Segre.
“Sono qui a nome del Centro Studi sul giornalismo Pestelli e a nome del presidente dell’Ordine dei giornalisti Stefano Tallia e del consiglio stesso. Rappresento cioè una categoria a cui l’avvocato Segre era particolarmente legato. Come giornalista e come editore del suo periodico L’Incontro. Bruno è stato il fondatore del Centro Studi Pestelli nel 1968 con un gruppo d’intellettuali torinesi di primissimo piano. Basti pensare al professor Valerio Castronovo, anche lui scomparso lo scorso anno, e poi Luigi Firpo, Alessandro Galante Garrone, Oddone Camerana, Carlo Casalegno. Con Bruno alla guida costruirono quello che ancora oggi è il più rappresentativo centro di studi e ricerche sul giornalismo in Italia.
Segre era parte del consiglio di amministrazione e ad honorem rappresentante del Comitato Scientifico. E fino a quando ha potuto non ha mai saltato una delle nostre riunioni. Mi aveva soltanto chiesto di non iniziarle nel primo pomeriggio perché “sai Giorgio, io faccio un pisolino dopo pranzo”. Così, programmavo le riunioni un paio d’ore più tardi. Ma era talmente importante la sua presenza che nessuno avrebbe potuto fare a meno di averlo lì con noi. Ascoltava, s’interessava di tutto e poi aggiungeva qualche cosa di suo, che gli era venuto in mente, che secondo lui avrebbe migliorato questo o quel dettaglio che stavamo discutendo. E ogni consiglio veniva accolto con corale partecipazione, docenti universitari compresi.
Questo era Bruno Segre per noi del Pestelli. Ma l’avvocato è stato anche un giornalista di razza, come si diceva una volta.
Ho due immagini ben presenti nella mia memoria. La prima è datata novembre 2018. I giornalisti piemontesi scendono in piazza con lo slogan “Giù le mani dall’informazione”. Davanti alla prefettura c’è anche Bruno, che ha appena compiuto 100 anni. E c’è una fotografia che lo ritrae con il megafono in mano, come fosse uno studentello del ’68. Quell’immagine ha fatto il giro del mondo. Il britannico Daily Mail, nel pomeriggio, la pubblica sulla prima pagina del suo sito. Quando l’avvocato prende il megafono è come se una luce si fosse accesa nel buio della notte. Lui partigiano, combattente, prigioniero, in prima linea per decenni nella lotta ai diritti civili e per tutta la vita strenuo difensore dell’indipendenza e della libertà di stampa. Bruno c’è, eccome se c’è, sposa la nostra causa, pieno di energia, solidale con questa battaglia.
La seconda immagine che ho è la sera del festeggiamento del suo centesimo compleanno al Circolo della Stampa Sporting, la casa dei giornalisti, dove Bruno si sentiva davvero in famiglia. Alla fine della cena, prima del taglio della torta , con il calice in mano, pronuncia poche frasi che registro in un video, che farà, nella notte, il giro della rete e che diversi quotidiani italiani riprenderanno il giorno dopo. Bruno dice: “Dedico questo brindisi a tutti gli amici che con me condividono gli ideali di libertà, di anti razzismo, di fedeltà alla Costituzione, di fiducia nella Repubblica. Con la speranza che i giovani vogliano una Europa più unita, una Italia più matura, una umanità affratellata nella pace. Questo è l’auspicio che mi permetto di esprimere in questo giorno. Viva la libertà”.
C’è altro da aggiungere?
Ciao Bruno, e grazie per esserci stato”.