
Dal fotogiornalismio l’impegno della stampa per la democrazia
A Perpignan, Visa pour l’Image, mostra le ferite del mondo con lo sguardo dei fotoreporter
Da trentasette anni “Visa Puor l’image”, il più importante festival di fotogiornalismo a livello europeo, ci racconta attraverso il lavoro di decine di fotoreporter le contraddizioni del nostro mondo, cogliendone talvolta in anticipo i segnali di cambiamento. Fu qui a Perpignan che nell’edizione del debutto si videro gli scricchiolii che annunciavano il crollo del muro di Berlino e fu ancora qui che, comparando le immagini che arrivavano da diverse parti di mondo, si iniziò a cogliere l’elemento globale del fenomeno delle migrazioni. Oggi, camminando per le decine di esposizioni fotografiche ospitate nella cittadina del sud della Francia, si capisce invece con chiarezza quanto il giornalismo sia un elemento centrale nel conflitto in corso tra democrazia e autoritarismo.
Sono gli occhi, in questo caso gli obiettivi dei e delle fotoreporter, che ci permettono di vedere quel che accade quotidianamente nella striscia di Gaza. Occhi come quelli di Fatma Hassona, uccisa da un attacco israeliano il 26 aprile, ma fino ad allora testimone attenta delle sofferenze del popolo palestinese, o come quelli di Saher Alghorra, vincitore del premio speciale istituito dalla Croce Rossa, che ha significativamente intitolato il suo lavoro “Senza uscita”. Ma a Perpignan non c’è solo il Medio Oriente ed è proprio lo sguardo su mondi diversi che permette di unire i puntini arrivando alla conclusione. Così, si può osservare il disagio di quell’America profonda che ha consegnato la vittoria un anno fa a Donald Trump. Un paese nel quale tra le pieghe della povertà trova spazio anche il dolore di molti reduci delle tante campagne militari dagli esiti catastrofici. Qualche metro più in là, ce lo testimonia Sandra Calligaro che dall’Afghanistan descrive gli effetti del ritorno al potere dei talebani che ha nuovamente relegato le donne in una condizione di totale sottomissione.

Tanti contesti un grande tema di sottofondo: l’impegno del giornalismo per raccontare la barbarie da un lato, il tentativo di chi governa con metodi autoritari a chiudere occhi e bocca dei testimoni, dall’altro. È questo il messaggio che ha voluto lanciare anche Reporters Sans Frontieres nel dibattito che ha promosso sul prezioso quanto rischioso giornalismo di chi si trova in esilio.
Se far conoscere quel che accade nel mondo è compito del giornalismo, permettergli di farlo dev’essere invece compito di tutti. Ecco perché l’informazione è oggi il primo dei problemi per gli autoritarismi e dovrebbe essere la prima preoccupazione per chi tiene alla democrazia, a Gaza come negli Stati Uniti di Trump. Questa la lezione di Perpignan che, per chi ne ha tempo e possibilità, vale la pena di andare a vedere fino al 14 settembre, una lezione da diffondere poi con tutta la forza e la voce che abbiamo in corpo.
Stefano Tallia, Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte