Diritto, cronaca e dignità delle persone: equilibrio difficile ma indispensabile per il giornalismo
Erano trascorse poche settimane dalla mia elezione alla presidenza dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte quando giunse la notizia della morte a Torino di tre operai, schiacciati dal crollo della gru che stavano montando. Sulle chat dei colleghi iniziò di lì a poco a circolare un filmato girato da un passante e che, a fatti avvenuti, non faceva altro che mostrare gli ultimi attimi di vita di uno dei lavoratori coinvolti. Non esitai nemmeno un minuto a prendere posizione definendo inopportuna la diffusione di quel video. Ad animare la mia riflessione, oltre a un sentimento di umana pietà, era la considerazione che quelle immagini nulla avrebbero aggiunto al racconto e alla comprensione dell’evento. La cronaca – purtroppo anche quella degli ultimi giorni con la tragedia di Brandizzo – ci costringe a raccontare o mostrare fatti violenti e che nessun artificio tecnico può ingentilire. È però necessario discernere sempre tra ciò che indispensabile al racconto e ciò che invece strizza esclusivamente l’occhio al voyeurismo. Così, pur con qualche perplessità, avevo invece compreso la diffusione delle immagini dell’incidente alla funivia del Mottarone: quegli ultimi istanti della cabina, mostravano e spiegavano la dinamica di un evento che aveva sconvolto l’Italia intera. Vi sono quindi casi diversi e valutazioni sempre complesse per le quali credo che il primo compito dell’Ordine sia quello di stimolare la categoria alla riflessione, senza usare la penna rossa, ma ricordando al contempo gli obblighi deontologici. Con questo spirito mi porrò anche nelle prossime settimane quando – è probabile – le immagini dell’incidente sul lavoro di Brandizzo saranno consegnate alle parti e quindi potrebbero finire anche nella disponibilità di qualche collega: racconto dei fatti ma rispetto inderogabile per la dignità delle persone.
In una materia decisamente più leggera ma comunque utile a fare qualche riflessione, non ho ritenuto invece opportuno intervenire nelle scorse settimane a proposito del video della plateale rottura del legame sentimentale Segre-Seymandi. Non l’ho fatto anzitutto perché in questo caso le testate che ne hanno dato conto hanno ripreso un filmato che era già ampiamente disponibile in rete e che per di più riguardava due personaggi a forte esposizione pubblica, il cui diritto alla privacy di per sé attenuato. Un caso nel quale, al di là del giudizio sui fatti, è indubbio che la notizia meritasse attenzione, un’attenzione che non va naturalmente confusa con la condivisione di un gesto apparso a molti fuori luogo e violento. Se è vero che la vicenda è però rimbalzata nel giro di poche ore sulle pagine dei giornali di tutto il mondo è perché questa meritava di essere trattata, anche per gli elementi che nulla hanno a che vedere con la cronaca rosa e che sono emersi nei giorni successivi. Il filmato, infine, non era il trascurabile corredo della notizia, ma la notizia stessa. I giornalisti si sono quindi limitati a fare il loro mestiere: dare le notizie anche quando queste sono scomode.
Stefano Tallia, Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte
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