intercettazioni
GIORNALISTI

11/03/2024

Di dossier, depistaggi e deontologia: le regole da ricordare

«Abbiamo il dovere di dare le notizie che sono utili all’opinione pubblica per sapere e capire, prendendone i rischi se sono riservate o coperte da segreto, ma abbiamo anche il dovere di sapere da dove arrivano. E perché vengono rivelate».

In poche righe Lirio Abbate, uno dei più autorevoli giornalisti investigativi italiani, ha riassunto il senso di ciò che penso riguardo al dibattito che si è sviluppato nel nostro paese a proposito della fuga di notizie che ha interessato molti personaggi pubblici. Una discussione che vorrei anzitutto astrarre dalla cronaca di questi giorni: al proposito ci sono inchieste aperte e sono convinto che i processi vadano celebrati nelle loro sedi proprie che sono i tribunali.

Concentriamoci dunque sui principi generali ai quali un giornalista deve attenersi per non violare la deontologia professionale.

Il primo, naturalmente, è quello di pubblicare tutte le notizie delle quali viene in possesso e che giudica di rilevante interesse per l’opinione pubblica. Si tratta naturalmente di una valutazione in alcuni casi molto soggettiva, ma quando si scende in ambiti che riguardano strettamente la persona, qualche parametro oggettivo esiste: la veste pubblica dell’interessato, il fatto che le notizie non riguardino la sua sfera privata, la tutela dei soggetti fragili, il rispetto del codice della privacy. 

Il secondo principio è quello che deve portarci a esercitare un controllo severo sulle fonti delle quali ci serviamo, a maggior ragione se queste non sono “ufficiali” e chiedono quindi di essere protette dal segreto professionale del quale la legge ci dota. Proprio in questi casi è necessario approfondire e comprendere le ragioni che spingono questa fonte a lasciarsi anonimamente interrogare. Scrive ancora Abbate: «Abbiamo il diritto di dare le notizie, quando queste hanno una rilevanza sociale e politica, ma abbiamo anche il dovere di chiederci se quelle notizie sono pulite o meno. Se sono le notizie “del diavolo”. Perché un giornalista può parlare anche con il diavolo ma non gli deve permettere di usare la tastiera per scrivere quello che lui vuole».

Il terzo principio è quello di esercitare la prudenza e la pazienza. Può essere talvolta difficile resistere alla tentazione di pubblicare una notizia esclusiva, a maggior ragione in un sistema dell’informazione che vive di immediatezza. Una storia, una qualunque storia, è però necessario poterla raccontare tutta e non solo quella parte che è giunta magari senza troppo sforzo sulla nostra scrivania.

In ultimo, un giornalista non induce mai un soggetto, quale che esso sia e quale che sia la funzione, a commettere un reato.

Nulla di tutto questo, fino a sentenza contraria, è accaduto nel nostro paese negli ultimi mesi, ma è bene non dimenticarlo perché non abbia mai ad accedere e perché il comportamento scorretto di qualche giornalista non possa essere alibi a leggi che limitino il diritto di cronaca.

Stefano Tallia, Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte

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