Il senso della politica per le istituzioni della professione
I ritardi parlamentari costringono a votare con una legge superata e c’è chi tenta il colpo di mano
E così a metà marzo del prossimo anno torneremo alle urne per rinnovare l’Ordine dei Giornalisti e lo faremo con una legge elettorale vecchia e superata, nonostante i rappresentanti della categoria avessero chiesto unanimemente di riformare il sistema di voto per facilitare la scelta per gli elettori e ridurre le spese.
Quella delle nostre prossime elezioni è una piccola storia italiana che merita di essere raccontata quando si riflette sull’improvvisazione con la quale il mondo politico maneggia materie dedicate. Circa un anno fa il Parlamento ricevette infatti una proposta di riforme della legge elettorale firmata da tutti i presidente regionali e dall’unanimità del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti con la quale veniva chiesto di introdurre tre piccoli ma fondamentali cambiamenti: la riduzione da tre e uno dei turni di votazione, l’obbligo di esplicitare la candidatura da parte di quanti volessero essere eletti, l’aumento di un consigliere nazionale pubblicista in modo da assicurare a tutte le regioni la rappresentanza. Interventi di buon senso sui quali in effetti nessuno, nel pur vivace mondo giornalistico, aveva sollevato obiezioni. Per concedersi il tempo necessario per apportare i cambiamenti, il Parlamento accordò una proroga di sei mesi sulla data delle elezioni e affidò la questione alla Commissione cultura, la quale avrebbe dovuto deliberare rapidamente il cambiamento della norma. Accade però che, dopo un iniziale interesse, la proposta finisca nel dimenticatoio e che la Commissione si ridesti solo quando nuovamente sollecitata dall’Ordine, considerato l’avvicinarsi della scadenza elettorale prorogata. A questo punto fioriscono le perplessità, i tempi si allungano e da ultimo spunta dal cilindro una proposta di legge firmata da un gruppo di parlamentari del partito di maggioranza relativa che ha come unico scopo quello di aumentare la rappresentanza dei pubblicisti, senza rimuovere per altro nessuno degli elementi di confusione elettorale.
Al di là del giudizio di merito sulla proposta di legge per la quale condivido quanto scritto dall’esecutivo nazionale dell’Ordine, questa mossa rappresenta una pietra tombale, l’ennesima, su qualunque speranza di una rapida riforma della legge. Anche a voler essere celeri (e di certo non lo sarebbe un disegno che non incontra nemmeno il favore di tutti i gruppi della maggioranza) l’iter di una legge di iniziativa parlamentare non dura meno di dodici mesi, ma spesso si arriva oltre i diciotto.
Tutto questo, naturalmente, senza volersi soffermare sul maldestro tentativo di condizionare un organismo di autogoverno di una categoria professionale, perché non può essere definita altrimenti una proposta di legge che va in direzione opposta rispetto a quanto richiesto dalla totalità dei rappresentanti della categoria medesima. Ma di questo avremo ancora tempo per discutere visto che da oltre sessant’anni, mentre nel mondo dell’informazione tutto cambia, la sola cosa a restare immutata è la legge che regolamenta il giornalismo che diventa ogni giorno più inadeguata. Un problema serio per chi si troverà a guidare l’Ordine anche dopo le elezioni di marzo e che però, evidentemente, non rientra tra le priorità di chi guida il paese.
Stefano Tallia, Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte