ATTUALITA'

17/04/2023

Le immagini che non dovremmo pubblicare

Ha suscitato e sta suscitando un certo dibattito nella categoria la scelta fatta da moti giornali e tv di pubblicare le immagini che ritraggono la pallavolista Julia Ituma nel corridoio dell’albergo poche ore prima della sua tragica morte. Devo per questo ringraziare la segretaria dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte Maria Teresa Martinengo che ha lanciato un sasso nello stagno con un post di aperta condanna sulla sua pagina Facebook. Ancora una volta si ripropone dunque l’interrogativo sul punto in cui passi il confine tra ciò che deve essere e raccontato perché di pubblico interesse e ciò che deve essere invece omesso, perché viola la dignità della persona e nulla aggiunge alla conoscenza dei fatti.

È una domanda per la quale non esistono risposte scontate e soprattutto non esistono formule matematiche che ci permettano di individuare con un automatismo ciò che giusto e ciò che invece non lo è. Però qualche bussola la possediamo.

Poche settimane dopo il mio insediamento alla presidenza dell’Ordine di Giornalisti del Piemonte, presi posizione contro la decisione di alcune testate di pubblicare le immagini, ancorché oscurate, di un operaio vittima del crollo della gru di via Genova a Torino. Fotogrammi che nulla aggiungevano alla ricostruzione dei fatti e che non davano conto di nient’altro se non della sofferenza di un uomo vittima di un tragico incidente sul lavoro. Nulla aggiungevano sulla dinamica, né sull’attribuzione delle responsabilità. È una sensazione simile a quello che ho provato quando sono state proposte le immagini dell’incidente alla funivia del Mottarone: la dinamica era molto chiara da tempo e quel filmato non forniva alcun elemento aggiuntivo alla conoscenza dei fatti.

Allo stesso modo le immagini della povera Julia Ituma che cammina nervosamente nel corridoio dell’hotel non arricchiscono in nulla la ricostruzione di quanto accaduto che avrà invece bisogno di altri elementi di indagine per essere accertato.

In tutti questi casi chi ha scelto di pubblicare e lo ha fatto informando correttamente sui contenuti, non ha probabilmente violato nessuna carta deontologica, perché non tutto può essere scritto e codificato nelle norme.

La domanda alla quale come categoria dobbiamo rispondere e però un’altra: era davvero necessario rendere pubbliche quelle immagini? Abbiamo davvero aiutato i nostri lettori o telespettatori a capire l’accaduto o lo abbiamo fatto esclusivamente per far crescere il nostro numero di contatti?

Se la professione del giornalista si riduce alla pubblicazione di tutte le notizie o le immagini delle quali veniamo in possesso, se non ci guida la nostra coscienza, a breve strumenti come l’intelligenza artificiale svolgeranno il compito molto meglio di noi.

Ma ciò che distingue l’intelligenza umana da quella artificiale è esattamente la coscienza, quella che dobbiamo usare sempre nella nostra professione.

Stefano Tallia, Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte

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