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GIORNALISTI

08/10/2025

Elisabetta Rosso, Premio Schiavazzi 2025: «Voglio dare voce a chi non ce l’ha»

Elisabetta Rosso, giornalista di Fanpage.it ed ex allieva del Master in giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino, è la vincitrice dell’ottava edizione del Premio Vera Schiavazzi – “2015-2025, sfumature di genere”, promosso dal Centro Studi per il Giornalismo “Gino Pestelli” di Torino.

Un’edizione particolarmente significativa, che cade nel decimo anniversario della scomparsa di Vera Schiavazzi, giornalista e docente che ha fatto dell’indipendenza, della verifica delle fonti e della libertà di giudizio i capisaldi del suo lavoro.

La premiazione si terrà giovedì 23 ottobre alle ore 17 al Circolo dei Lettori di Torino, nell’ambito delle Giornate di Torino per i giovani giornalisti. All’incontro, che varrà anche come corso di formazione per giornalisti, interverranno anche Luciana Esposito, fondatrice e direttrice di napolitan.it e la giornalista Simonetta Rho. A condurre sarà Federica Frola di Sky, ex allieva del Master “Giorgio Bocca”.

Dal 2020 il premio contribuisce anche alla crescita del progetto “Il Bosco di Vera”, iniziativa simbolica che dedica un albero virtuale a ciascun vincitore per coltivare memoria e speranza.

Cosa ha provato nel ricevere un premio dedicato a una giornalista come Vera Schiavazzi, che ha fatto dell’indipendenza e della verifica delle fonti il suo marchio?
«È una grandissima emozione. Vera Schiavazzi ha diretto il mio master: purtroppo non ho avuto la fortuna di conoscerla di persona, ma ho sempre apprezzato il suo lavoro e la sua figura è stata un punto di riferimento per tutti noi. Nella scuola di giornalismo si respirava il suo mito: il rigore, la passione, la cura per la notizia. Ricevere un premio intitolato a lei è un onore enorme».

La giuria ha sottolineato il suo “uso sapiente delle nuove tecnologie”. Ci racconta un esempio concreto di come le utilizza nel suo lavoro d’inchiesta?
«Negli ultimi anni ho lavorato a inchieste che si sviluppano in spazi digitali difficili da raggiungere: canali Telegram, forum o zone del web che stanno a metà tra il mondo “ufficiale” e quello del “dark web”. L’uso delle tecnologie è essenziale: ci permette di esplorare realtà complesse anche “da scrivania”, ampliando lo sguardo e le fonti. È un vantaggio importante per noi giornalisti giovani, che spesso dobbiamo fare molto con risorse limitate».

Essere una giovane donna nel giornalismo d’inchiesta: che esperienza è?
«C’è ancora un gap di genere, sia nelle opportunità sia negli stipendi, come in molti altri settori. Io però ho la fortuna di lavorare in una redazione dove mi trovo bene e dove ho spazio per esprimermi. Credo che portare una prospettiva femminile sia fondamentale: l’ho sperimentato, per esempio, in un’inchiesta sulle comunità misogine online. Proprio perché esistono questi contesti, è importante che ci siano sempre più donne a raccontarli».

Che consiglio darebbe a chi oggi si affaccia alla professione?
«Non credo esista un’unica strada. Io ho seguito il percorso del master, ma ho colleghi bravissimi che hanno costruito la loro carriera in altri modi. Se dovessi dare un consiglio, direi di specializzarsi: scegliere un ambito, approfondirlo, cercare e offrire uno sguardo il più possibile sempre originale. Il giornalismo ha bisogno di persone con competenze specifiche e visioni nuove, non solo di chi rincorre la notizia del giorno».

C’è un tema o un’inchiesta che vorrebbe affrontare nei prossimi anni e che crede possa un tema da approfondire dei nostri tempi?
«Credo molto nel giornalismo sociale: raccontare i problemi, ma anche le soluzioni. È un modo per dare voce a chi non ce l’ha. Penso che questo tipo di giornalismo non passerà mai di moda. E poi guardo sempre alla politica e, soprattutto, al cambiamento climatico: sarà uno dei temi più rilevanti del futuro, e merita un racconto rigoroso ma anche umano».

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