
Emmanuela Banfo: «Un giornalismo consapevole e responsabile sui social»
Intervista alla presidente del Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte
Si è insediato a Torino il nuovo Consiglio di Disciplina Territoriale dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte. A guidarlo è Emmanuela Banfo, affiancata dalla segretaria Patrizia Foresto e da un gruppo di consiglieri e consigliere che rappresentano sia l’area dei professionisti, sia quella dei pubblicisti.
Nel suo intervento di insediamento, Banfo ha sottolineato come «far parte del Consiglio di disciplina sia un compito di grande responsabilità» e come l’obiettivo principale resti sempre quello di «contribuire alla crescita di un giornalismo consapevole del suo valore culturale e sociale, quindi attendibile, serio e rispettoso dei diritti delle persone».
Le abbiamo chiesto di approfondire le linee guida e la visione con cui il nuovo Consiglio intende affrontare il proprio mandato.
Presidente Banfo, quali saranno le prime linee guida e le priorità del nuovo Consiglio di Disciplina? In particolare, come intendete coniugare il rispetto delle regole deontologiche con le nuove sfide del giornalismo digitale e dei social network?
«Le priorità non cambiano rispetto al passato: continuiamo nel solco tracciato dal precedente Consiglio, facendo tesoro della sua esperienza e del suo metodo di lavoro. Il punto centrale resta la serietà e l’attendibilità del giornalismo. Il Codice deontologico non va inteso in senso punitivo, ma come uno strumento per migliorare la qualità del nostro mestiere: verificare sempre le fonti, rispettare le persone — dai minori ai migranti o ai rifugiati — e mantenere la correttezza dell’informazione. In un contesto in cui la rete e i social ci sommergono di stimoli e notizie, serve una grande attenzione. Nel nuovo Codice viene inoltre messo in rilievo l’uso dell’intelligenza artificiale, che non esime il giornalista dalle proprie responsabilità. Un fenomeno relativamente nuovo riguarda poi l’uso improprio dei social personali: capita spesso che colleghi o colleghe li utilizzino come se fossero semplici cittadini, dimenticando che la nostra identità professionale ci accompagna sempre. Anche quando esprimiamo opinioni personali, dobbiamo mantenere la continenza linguistica e non diffondere messaggi di odio o discriminazione. L’abito giornalistico, insomma, non lo possiamo mai togliere».
Ha parlato di “responsabilità” e di “giornalismo consapevole del suo valore culturale e sociale”. Cosa significa oggi esercitare questa responsabilità in un contesto mediatico dominato da velocità, polarizzazione e disinformazione?
«Significa, innanzitutto, tutelare la libertà di critica e di informazione. Negli ultimi anni si è diffuso un fenomeno nuovo e delicato: l’uso strumentale dei Consigli di Disciplina da parte di soggetti esterni, talvolta politici ma non solo, che cercano un nostro pronunciamento da utilizzare in sede penale o civile. In presenza di un procedimento penale a carico di un iscritto, il Consiglio sospende la propria attività in attesa della magistratura ordinaria. Una volta accertati i fatti, se emergono reati o comportamenti contrari alla deontologia, interveniamo. Dobbiamo essere attenti a evitare che l’Ordine venga strumentalizzato come leva per altri fini».
Riguardo al Consiglio uscente, c’è un’eredità o uno stile di lavoro che desidera raccogliere e proseguire? E in cosa pensa che il nuovo Consiglio possa introdurre un cambiamento?
«Il nostro compito resta quello di applicare il Codice deontologico: in questo senso siamo un organo di garanzia. Ma intendiamo potenziare un aspetto che riteniamo importante: aumentare le istruttorie avviate d’ufficio, non solo quelle basate su esposti esterni. Con le forze di cui disponiamo, vogliamo agire in modo più autonomo, avviando controlli proattivi e non soltanto reattivi. Riteniamo che per alcune Carte i temi siano cambiati e talvolta l’eccessiva sintesi di alcune norme rischia di ampliare la discrezionalità interpretativa: su questo fronte lavoreremo per dare maggiore chiarezza e coerenza applicativa».
In che modo il Consiglio di Disciplina può dialogare con i giornalisti del territorio per promuovere una maggiore consapevolezza deontologica, prevenendo i casi disciplinari piuttosto che limitarsi a sanzionarli?
«Il dialogo con i colleghi è fondamentale. Lavoreremo in sinergia con il Consiglio dell’Ordine per rafforzare la formazione continua e la cultura della responsabilità professionale. Non solo attraverso corsi o seminari, ma anche con momenti di confronto aperti alla cittadinanza, per discutere insieme di libertà e diritto all’informazione. La deontologia, infatti, non è solo un insieme di regole interne alla categoria: è il presupposto per una fiducia rinnovata tra stampa e società».