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ATTUALITA'

07/10/2023

Borrometi: «Sogno un giornalismo che sia cane da guardia della democrazia»

Nel corso delle Giornate della legalità dedicate da Libera e dal Comune di Torino alla figura di Bruno Caccia, procuratore della Repubblica assassinato quarant’anni fa e prima vittima della ‘ndrangheta a Torino, venerdì 6 ottobre si è tenuto l’evento di formazione A schiena dritta, corso proposto da Ordine dei Giornalisti del Piemonte, in collaborazione con Libera Piemonte e Articolo 21. L’evento, che ha visto la partecipazione anche di Paolo Borrometi, presidente di Articolo21, vice direttore Agi, è stato peraltro un’anteprima delle Giornate del Premio Roberto Morrione, giunto alla 12esima edizione.

Ad aprire i lavori è stata Maria Teresa Martinengo, consigliere e segretario dell’Ordine dei Giornalisti: «Un giornalista – ha detto – deve sempre essere alla ricerca della verità, ma purtroppo la crisi dell’editoria allontana spesso la possibilità di avere colleghi strutturati e la precarietà è un grosso danno in questo senso. È sempre utile però cercare di affermare la necessità della ricerca, credo sia una necessità urgente di questo tempo»

A seguire sono intervenuti Mara Filippi Morrione – che ha lanciato il Morrione (dal 25 al 28 ottobre), sottolineando l’importanza di «avere l’opportunità, in questo tempo di crisi dell’editoria, di realizzare vere e proprie inchieste» – e Andrea Zummo, Libera Piemonte, che ha fatto un parallelismo tra la lotta alla mafia e la lotta per l’ambiente: «Quando vedo i ragazzi scendere in campo per difendere il clima, il pianeta, penso sempre che sia la stessa battaglia della lotta alla mafia, perché si tratta di avere il desiderio di lasciare un Paese migliore a chi verrà dopo di noi».

L’incontro prosegue parlando di cosa significhi “schiena dritta”, un riferimento etico valido a vari livelli del mestiere di giornalista, perché guarda a un giornalismo libero, che non accetta pressione, nemmeno quella nata dalla precarietà. Nel corso dell’incontro viene inoltre ricordata la figura di Bruno Caccia, grande magistrato e grande uomo che credeva nel giornalismo e sull’importanza del giornalismo interviene Maria Josè Fava, Libera Piemonte: «Il giornalismo serve anche perché chi vive i territori spesso non sa alcune cose. La conoscenza ha valore solo se crea consapevolezza e le informazioni purtroppo sono sempre troppo poche rispetto a quello di cui ci sarebbe bisogno. Ho visto in questi anni che quando si parla di mafia si pensa che sia sempre un po’ più in là; non riguarda mai la nostra realtà, ma quella vicina. Nessuno può dire che le mafie non ci siano, ma che sono un po’ più in là sì. Invece il lavoro da fare sarebbe quello di dirci, con un senso di realtà, che le mafie ci sono. La consapevolezza costruisce l’azione e il lavoro dell’informazione è questo, deve esserlo anche nel racconto di come le mafie si sono radicate e di quali sono le forze che stanno fuori dalle mafie».

Paolo Borrometi nel suo intervento dice – a proposito dello stato del giornalismo – che giornalismo libero fa rima con Morrione, «che ha sempre tenuto la schiena dritta e ci ha insegnato cosa volesse dire giornalismo libero. Sembra un ossimoro, ma non lo è, soprattutto in un momento particolare della storia del nostro Paese. Per capire il livello del giornalismo oggi basti vedere che alcuni giornalisti negano i cambiamenti climatici. Si può essere a tal punto faziosi? Noi giornalisti abbiamo il dovere di dire le cose, se abdichiamo a questo ruolo stiamo commettendo una violazione dell’Articolo 21 della Costituzione, perché quello è anzitutto il diritto del cittadino a essere informato. Se non ce lo diciamo, se non prendiamo la responsabilità di non fare il nostro dovere, non ci muoviamo da dove siamo. Per me il barometro oggi segna tempesta, ma ci sono giornalisti che fanno il proprio dovere».

Uno di questi è Pietro Mecarozzi, vincitore della 10ª edizione del Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo: «I giornali non stanno più in piedi come un tempo, quindi trovare realtà che ti sostengano passo dopo passo in un’inchiesta è molto raro e prezioso, vale per premi come il Morrione, così come per alcuni consorzi, che fanno un ottimo lavoro di accesso ai dati, che hanno un dialogo continuo con le redazioni e che sono diventati un pilastro che può dare nuova linfa al giornalismo. Voglio credere che ci sia un futuro, una voglia di confronto e di andare a scavare; oggi il concetto di buco giornalistico non esiste più, ma questo dà più armi, si moltiplicano le collaborazioni e tutto ciò tiene vivo il mondo del giornalismo, c’è ancora tanto lavoro da fare, ma c’è chi ha voglia di fare le cose come si facevano una volta, senza copia incolla e ricicli di lanci di agenzie».

Elena Ciccarello, direttrice lavialibera, infine passa la palla nella sua moderazione da Borrometi a Mecarozzi, parlando ancora di futuro del giornalismo e di essere anticipatori dei tempi, come Pippo Fava: «Il suo giornalismo – dice – è narrativa. Negli anni purtroppo il racconto giornalistico è invece sempre più schiacciato dal racconto della cronaca giudiziaria e forse viene un po’ meno l’autonomia come giornalisti».

Il futuro, risponde Mecarozzi, «è in continua evoluzione questo mestiere. Io ho vissuto l’ultima parte dei maestri che stanno in redazione, con loro era come stare in bottega, come andare a imparare da un artigiano, imparando fuori sul campo e non sui banchi; è difficile ora dare una traiettoria, ma bisogna continuare a interessarsi, informarsi e informare. È un nostro dovere, lo dobbiamo ai lettori che vogliono essere ancora informati».

Le conclusioni sono di Borrometi: «Sogno un giornalismo che sia cane da guardia della democrazia. Sogno un giornalismo e degli editori che, come negli Stati Uniti, reagiscono investendo, perché si deve far comprendere che il giornalismo di qualità può esistere. I rischi ci sono ma non mi sono mai domandato che rischi avrei corso pubblicando una notizia, altrimenti se ci facciamo questa domanda non stiamo facendo il nostro lavoro. Pippo Fava era un anticipatore e noi non dobbiamo solo raccontare la cronaca, dobbiamo cercare di anticipare la cronaca. Oggi la mafia è ancora violenza, non è la prima soluzione che adotta, la violenza, si passa prima dalla corruzione, ma ci si arriva, anche se sono casi isolati, però non possiamo dire che non sia violenta, perché rischiamo di consegnare nuova violenza alle mafie. Qui si inserisce la narrazione delle mafie: dobbiamo sempre e comunque continuare a ricercare la verità e non mettere mai la sabbia sotto al tappeto».

Eugenio Giannetta

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