Giornalismo verticale: «Opportunità per attirare pubblici appassionati»
I giornali cartacei perdono copie, ma il giornalismo viaggia nel futuro e inaugura la frontiera dell’informazione online, più ricca, dettagliata e aggiornata attraverso i canali dedicati che i quotidiani propongono a livello nazionale e locale. La cosiddetta informazione verticale, di cui si è parlato ieri, mercoledì 25 ottobre, in un corso proposto da Ordine dei Giornalisti del Piemonte in collaborazione con Centro Studi sul giornalismo Gino Pestelli.
Il primo intervento è di Paolo Piacenza, giornalista e tutor al Master di giornalismo dell’Università di Torino: «Il digitale ha creato un ambiente tutto suo e alcuni media hanno perso il loro posizionamento, ma non la loro missione. Questo è il primo aspetto, a mio avviso. Il secondo aspetto riguarda invece il ruolo delle piattaforme. È aumentato il numero dei lettori e diminuito il numero di coloro che pagano per leggere le informazioni. Infine c’è il discorso che oggi l’informazione viene pensata più in modo personale, di bisogno. Leggere un giornale non dovrebbe essere un dovere ma un’opportunità, ci sono tante cose che interessano e il rischio è quello di perdersi. Non ci sono soluzioni, ma una presa di coscienza e la verticalizzazione ne fa parte. Il punto fondamentale da ribadire è che anche nei canali tematici si può fare giornalismo di qualità. Prima di tutto a contare è sempre il metodo giornalistico, importante per distinguersi. Inoltre si può porre attenzione al prodotto, ricordando che non è un male pensare al giornalismo come a un prodotto commerciale. L’importante è che all’idea prodotto sia collegata un’idea giornalistica che porta al bene comune».
Alle parole di Piacenza seguono quelle di Lucia Caretti, giornalista e social media editor La Stampa: «La parola verticale ha tante sfumature, la prima riguarda i contenuti. Nella newslettere Ellissi di Valerio Bassan nel 2022 lui parlava di social come intrattenimento e non spazio di relazione. Una trasformazione compiuto che ha modificato la metafora della piazza, che non esiste più o in forma limitata, perché ora la dimensione è di intrattenimento. Ma come funzionano gli algoritmi? Vanno a costituire una personalizzazione verticale. Si salta, come nel vecchio zapping, ma no siamo noi a decidere quando cambiare canale, è la piattaforma che ci propone contenuti diversi e più adatti ai nostri interessi, tragettizzati attraverso passioni e interessi. Questi sono i social oggi. In questo contesto perché si parla di canali tematici? Perché siamo guidati dalle nostre passioni, anche negli algoritmi. Diventa allora un’opportunità per le piattaforme ma anche per gli editori, perché si trova sostenibilità in questa modalità e si costruiscono ricavi. Concludo proponendo un’altra chiave di lettura: verticale è anche il formato in 9:16 dei nostri cellulari con video che riempiono tutto lo schermo. Oggi fare social è anche fare video e produzione di contenuti. Infatti è una delle caratteristiche che cerchiamo nei nostri collaboratori».
L’incontro prosegue con il racconto di Fulvio Cerutti, giornalista La Stampa e creatore de La Zampa: «Per la prima volta nella storia abbiamo modificato il logo de La Stampa; è stato registrato un sabato sera, perché ho notato che era libero l’url e avevo paura me lo prendessero. In cinque anni abbiamo pubblicato 25mila foto e consigli veterinari. Nel corso degli anni la sezione è poi andata a crescere. Inizialmente pensavo alle battaglie animaliste ma poi ho capito che la chiave erano le storie in giro in Italia e in giro per il mondo, con l’idea di attirare un pubblico che amasse gli animali e si sentisse coinvolto. Servono due cose per fare un giornalismo come quello de La Zampa: cuore, quindi passione, e testa, perché è un prodotto giornalistico a tutti gli effetti. Non devono essere tutte notizie uguali, ma devono emozionare le singole storie. Oggi La Zampa fa circa 6 milioni di visitatori al mese, oltre 250 mila al giorno e il tema degli animali è diventato importante anche in altri ambiti giornalistici».
Conclude l’incontro Francesco Antonioli, direttore Mondo Economico, giornalista La Repubblica: «C’è una responsabilità civica in chi dà le notizie, ma anche nei fruitori. Quello che fa il Pestelli è anche un modo per farci capire questo. Vorrei parlare attraverso alcuni termini: il primo termine è memoria; nel digitale rischiamo di perderla. Scattiamo migliaia di foto che inquinano digitalmente e disperdere la memoria non è civico, ma anzi, è pericoloso. Altro termine importante è generazioni. Che devono dialogare tra loro. Oggi ci sono serie di giornalismo verticale straordinarie, per esempio nei podcast, con un lavoro che già Zavoli anticipava a suo tempo, facendo un processo alla notizia capace di distinguere fatti da commenti, con l’inserimento di dati. Il giornalismo verticale va a fondo. Mondo economico per esempio è nato come una sfida, con la volontà di mettere insieme elementi diversi creando una rete redazionale che è un insieme tra giornalisti, ricercatori e docenti di generazioni diverse, con cui prendiamo in esame diversi settori per metterli sullo scacchiere geo-politico e interpretando le traiettorie e i numeri. Il giornalismo verticale, credo, preserva la memoria e le radici, creando insieme un dialogo intergenerazionale in quello che è il villaggio digitale, un luogo dove diventare giornalisti e persone più consapevoli».