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GIORNALISTI

07/12/2024

Giornalisti Seniores: «Ai giovani: cauti, la verità sta sempre nel mezzo»

L’appuntamento per la tradizionale festa dei seniores è fissato lunedì 9 dicembre alle 9:30 nel salone Toniolo di palazzo Ceriana Mayneri. A ricevere l’attestato dal presidente Stefano Tallia e dal vicepresidente Ezio Ercole saranno in totale novanta colleghe e colleghi: 65 con quarant’anni di iscrizione all’Ordine, 23 con cinquanta, uno con sessanta e uno settanta. Un momento nel quale legare idealmente la memoria del giornalismo piemontese con il suo futuro. Nel pomeriggio della stessa giornata l’Ordine consegnerà infatti le tessere agli ultimi nuovi iscritti del 2024.

Per celebrare questo importante appuntamento abbiamo intervistato Enzo Baschera, pubblicista pensionato con 70 anni di iscrizione all’Ordine e Pietro Squillero, professionista pensionato con 60 anni di iscrizione all’Ordine, due esempi di come questo mestiere sia fatto di costante aggiornamento, ma soprattutto di passione.

Baschera ci racconta degli inizi con un settimanale edito dai salesiani e dell’incontro con Gaetano Baldacci, primo direttore del quotidiano milanese Il Giorno e poi fondatore di ABC, un settimanale che aspirava ad essere un “giornale della domenica” aperto alle notizie di tutto il mondo. «Poi – ci dice – sono passato al gruppo Rusconi, al Messaggero, al Quotidiano d’Italia e alla Domenica del Corriere della Sera. Mi sono sempre occupato di politiche sociali e ancora oggi proseguo nella ricerca con approfondimenti sull’ageismo e sulla cultura contadina agreste; attualmente ho ancora una rubrica con Eco Risveglio di Verbania e pubblico un libro all’anno con Priuli Verlucca; al momento sto lavorando sul breviario di Matusalemme».

Segue qualche esperienza con radio e tv, ma soprattutto tanta carta stampata: «Non uso internet – ci dice – ma uso il computer. Ho iniziato per caso. Insegnavo a Torino alla Pascoli e al Liceo, poi l’editore Paravia invitò a scrivere una serie di libri e e da lì è iniziato tutto. Ho lasciato l’insegnamento e non mi sono mai pentito: per me il giornalismo è questione di vita, così come la ricerca, prendo molti appunti su tutto. Il lavoro che più mi è rimasto nel cuore è la rubrica di problemi sociali che avevo con il settimanale Gioia, c’erano centinaia di persone che mi scrivevano ogni settimana e c’era il contatto con le persone».

«Del giornalismo di oggi – ci dice – non mi piace che si sta perdendo un po’ la bellezza della lingua italiana, prediligendo spesso termini inglesi. Ai giovani che si affacciano al mestiere invece dico di andare cauti, di esaminare sempre tutte le possibilità e allargare l’orizzonte dello sguardo, per vedere sempre cosa si dice nelle due parti, perché la verità è sempre a metà strada e bisogna sempre approfondire».

Allo stesso modo, la storia giornalistica di Squillero (90 anni compiuti), è altrettanto affascinante e ricca, pur essendo diametralmente opposta: «Ho iniziato a La stampa in cronaca. Mi ha assunto Giulio De Benedetti. Dopo sette anni sono passato a Radiocorriere, poi in Rai a Roma dove ho diretto la redazione romana. Ho iniziato a circa 30 anni, sono stato l’ultimo di un gruppo di tre che sono riusciti a diventare professionisti senza fare l’esame; l’avevano istituito, ma tardavano a fare il concorso e dopo 18 mesi la Subalpina ha insistito perché passassimo a professionisti senza esame».

«Sono arrivato a fare il giornalista – ci dice – senza sapere cosa fosse il lavoro del giornalista. Ero un giovane universitario, ho iniziato la carriera di ufficiale ma ho mollato quando ho incontrato mia moglie, poi sono entrato alla Cassa di Risparmio come impiegato e in quel periodo ho iniziato a scrivere a La Stampa Sera. Un giorno ho scritto 15 righe sul funerale di una prostituta che era morta con la sua bambina e doveva essere un taglio basso, ma non essendoci altre grandi notizie divenne un taglio medio. Il giorno dopo De Benedetti lesse il mio pezzo e disse che era la notizia più bella del giornale. Fu così che mi assunse».

Di ricordi Squillero ne ha tanti, ma uno è ben custodito: «Penso di aver vissuto un momento molto bello del lavoro di giornalista. La sera andavo in tipografia quando c’era linotype e si costruiva la pagina con i blocchi di piombo; era un momento bellissimo della vita del giornale e non lo scorderò mai».

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