GIORNALISTI

07/05/2023

Il lavoro che non c’è e le regole da riscrivere

La pioggia – reale, e ancor più metaforica – non ci ferma, anzi. Un drappello di colleghe e colleghi ha sfilato lunedì al corteo del Primo Maggio, dietro lo striscione dell’Associazione Stampa Subalpina, che esattamente vent’anni fa Vera Schiavazzi aveva voluto rifare, perché, parafrasando Pavese, anche uno striscione vuol dire non essere soli.

A sostenere lo stendardo colleghe e colleghi degli uffici stampa e dell’online, di periodici locali, di quotidiani (Stampa, Rai, Tuttosport,…), redattori, collaboratori, liberi professionisti, prepensionati e pensionati. Uno spaccato del nostro mondo, il mondo dell’informazione, la cui realtà – criticità, trasformazioni – la Subalpina ogni giorno incontra e rappresenta.

Nei quotidiani abbiamo un contratto di lavoro (chi ce l’ha) che attende il rinnovo da 7 anni, con alcuni nodi – l’inclusione dei collaboratori, le nuove figure professionali – evidentemente non facili da metabolizzare per gli editori. A gennaio, firmato da Fnsi e Aeranti-Corallo, è stato rinnovato, invece, il contratto per l’emittenza locale, dove però, in Piemonte segnatamente, i posti di lavoro dipendente si sono ridotti di parecchio negli ultimi anni. E d’altronde con l’occupazione abbiamo un problema enorme in questo Paese.

Nelle testate online e nei periodici locali ha trovato buona applicazione il contratto Anso-Fisc-Fnsi, ma non tra tutti gli editori: la scusa è sempre quella dei costi, in realtà gli stipendi sono assolutamente sostenibili, esattamente pari al variopinto mondo dei contratti non giornalistici adottati come alternativa, che però non garantiscono al giornalista il rispetto della firma nella pubblicazione degli articoli, ad esempio, e la Casagit, la specifica rappresentanza sindacale, i permessi per la formazione professionale, per dire.

Il contratto non è un vecchio arnese, come spesso ci sentiamo dire: “contratto” significa diritti, e a tutt’oggi un contratto, che sia collettivo o sia un accordo individuale, resta l’unico modo per vederli riconosciuti, la prima arma contro il lavoro precario e malpagato.

E come sempre sono i meno tutelati ad accorgersene per primi: perché senza regole fissate sulla carta non c’è un orario di lavoro o un compenso minimo inderogabile, non c’è argine alla prepotenza, al ricatto, all’umiliazione.

Raccogliendo la sfida proprio su questo terreno, in Piemonte abbiamo cominciato con due esperti giornalisti, una collega e un collega degli uffici stampa, a ragionare sui capisaldi di un possibile contratto individuale, privato, ma per il quale è utile fissare quali attività e quali compensi sono da considerarsi ragionevoli per poter svolgere la professione in questo settore.

E’ il tema dell’ “equo compenso”, al quale si lavora da anni, raggiungendo a livello nazionale anche  risultati, ma non definiti e definitivi. In sostanza: si fa presto a dire “comunicato stampa”, e magari il committente pensa di stanziare anche la “considerevole” somma di qualche decina di euro. Che tanto scrivere una cartella di comunicato che ci vuole?!, lo può fare anche “ammiocuggino” che aveva “ottimo” di italiano alle superiori. Già.

Allora, vediamo: un committente ci contatta, lo incontriamo (tempo, magari carburante per raggiungerlo), cerchiamo di capire che cosa vuole, cerchiamo di raccogliere tutto il materiale utile per comunicare quello che vuole, e semmai il materiale lo tiriamo fuori con le pinze o lo distilliamo, lo condensiamo, lo organizziamo; poi ci mettiamo anche un’idea, una “logistica” del progetto, e a questo punto scriviamo una cartellina sì, ma sensata, e intanto, tra i vari passaggi, abbiamo già impiegato 10 ore, 3 giorni, di più? Poi per dar gambe al comunicato, se il committente non intende tenerlo incorniciato in ufficio ma vuole diffonderlo il più possibile e miratamente, mettiamo a disposizione il nostro database di contatti – ragionato, aggiornato, costruito negli anni – e scegliamo i destinatari adeguati, che alla redattrice degli spettacoli poco importa della riconversione green degli impianti elettrici industriali; e alla fine, ma pensa!, il comunicato “arriva”, raggiunge i destinatari, consegue il risultato.

A questo punto, considerato ad esempio che la paga oraria media europea è di 23 euro lordi (dati Eurostat), quanto dovrebbe costare questo comunicato stampa?

Su questo, e su molto altro, stiamo lavorando. Con la forza che ci danno le colleghe e i colleghi. Convinti che il lavoro è un’emergenza, in Italia, per la tenuta democratica del Paese, e prima ancora in casa nostra, per far quadrare i conti, per affermare la nostra dignità, per far sì che realizziamo le nostre aspettative e che si possa guardare al futuro. Un futuro non necessariamente già scritto, che dipende da noi, da tutti noi. Meglio se insieme.

Silvia Garbarino, Segretaria Associazione Stampa Subalpina

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