eco del chisone redazione
EDITORIA

01/09/2023

Paola Molino, L’Eco del Chisone: «Siamo la sede di un territorio, non solo di un giornale»

Inizia oggi, venerdì 1° settembre 2023, il viaggio della Casa dei Giornalisti attraverso i giornali locali piemontesi, per raccontarne la storia, l’evoluzione, il rapporto con il territorio, con la transizione al digitale e con le nuove generazioni di lettori, in una rubrica settimanale che vi accompagnerà per i prossimi venerdì in un percorso alla scoperta dell’editoria locale, vera e propria spina dorsale del pluralismo dell’informazione, a presidio della democrazia e a servizio dei cittadini

In questa prima puntata dialoghiamo con Paola Molino, direttrice de L’Eco del Chisone, un giornale storico del pinerolese, nato nel novembre del 1906 come settimanale laico di ispirazione cattolica con molto spazio alla cronaca e all’attività economica e politica del territorio. Negli anni il giornale è passato dalle 9.500 copie di tiratura (inizio anni ’70) alle 22.000 del 1980, mentre oggi si stampano circa 24.000 copie, di cui 60% in abbonamento: «La linea – spiega Molino – continua a essere la stessa: oggi la base amministrativa del giornale è quella di una Cooperativa di giornalisti e l’attenzione alla società continua a essere la stessa degli inizi, con una capacità di leggere gli avvenimenti e una preferenza verso posizioni capaci di raccontare il progresso culturale e sociale. La Chiesa continua a occupare un posto importante nel nostro racconto, ma non è centrale, perché per noi al centro ci sono l’uomo e la società, a cui la Chiesa presta servizio e offre una testimonianza. La linea editoriale continua a essere di ispirazione cattolica anche dopo l’acquisto della testata dalla Diocesi di Pinerolo, ma oggi siamo a tutti gli effetti autonomi». Oggi il giornale ha una rete di 80 collaboratori e corrispondenti che lo animano, due vice direttori e nove redattori professionisti, più un ufficio grafica e l’amministrazione: «I collaboratori che scrivono per noi da piccoli comuni – racconta Molino – sono fondamentali per mantenere viva la nostra presenza sul territorio, perciò per incoraggiare una maggiore solerzia nel portare notizie anche dalle “periferie”, a differenza di molti altri giornali, paghiamo i collaboratori anche per i contributi sull’online (a fruizione totalmente gratuita per i lettori, ndd), perché è giusto e importante».

Riguardo ai collaboratori, uno dei punti chiave della direzione di Molino – alla guida de L’Eco del Chisone dal 2018 – è stata ed è la formazione: «Sono diventata direttrice nel 2018 e la prima sfida che abbiamo affrontato è stata quella di cambiare formato al giornale, compresa la piattaforma editoriale e il progetto grafico; siamo passati dal lenzuolo al quotidiano. Il restyling, tuttavia, non è stato solo formale, ma sostanziale. Il lancio è stato fatto nel gennaio del 2020, un mese prima dell’arrivo del Covid, e questo ci ha aiutato, perché se avessimo avuto ancora i vecchi strumenti sarebbe stato molto più complesso lavorare da casa, per esempio. Superato il periodo Covid, che ha rallentato tutti, abbiamo proseguito il nostro lavoro per portare avanti la trasformazione digitale del giornale. Tuttavia per me avere strumenti nuovi significa anche cercare nuove modalità di raccontare i contenuti. Quest’anno infatti abbiamo messo in campo un grande progetto di analisi della nostra situazione, del nostro prodotto sul mercato e del posto che occupiamo sul territorio, anche a livello di ruolo sociale che abbiamo nella nostra comunità. Ci siamo fatti aiutare da un’agenzia, abbiamo portato avanti un’analisi swat con punti di forza e di debolezza. I risultati ci hanno portato a investire in formazione per tutta la redazione, dall’ufficio grafica ai redattori. È stato un sacrificio in termini di costi e tempo, ma è stato fondamentale per potenziare la nostra presenza sul digitale, implementando servizi video, infografiche, facendo data journalism in maniera professionale».

Quali altre cosa avete scoperto dall’analisi di mercato del vostro giornale? «Noi abbiamo un settimanale storico e questo ci dà la reputazione, poi abbiamo un mensile (EcoExtra, con coordinamento a cura di Luca Prot e Daria Capitani, ndr), abbiamo un sito aggiornato quotidianamente e i social sempre aggiornati, ma il vero tema dell’analisi è stato quello di strutturare un piano editoriale che evitasse la cannibalizzazione dei prodotti, mantenendo vivo il fondamentale rapporto di fiducia che abbiamo con il territorio e con i nostri lettori. Il problema è antico: ovvero la necessità di creare un nuovo modello facendo attenzione ad avere un equilibrio riguardante la sostenibilità economica ad ampio raggio, perché è dalla carta che arrivano i ricavi al momento».

A proposito di ricavi, se il Covid da una parte ha acceso una luca sulla formazione e accelerato la transizione al digitale, dall’altra ha avuto un’impatto importante sulla tenuta economica di molti giornali, in particolare di quelli locali, che hanno patito pesantemente una crisi dell’editoria già precedente alla pandemia: «Abbiamo patito, come tutti, ma ci siamo anche fatti venire delle idee. La cosa che ha più valore è la reputazione che abbiamo con i lettori e in un momento di sfiducia verso giornali e giornalisti, durante il Covid abbiamo aperto un numero verde gratuito per fornire informazioni su attività e servizi aperti; hanno iniziato a cercarci persone in difficoltà economiche, nel frattempo la Caritas – insieme al Comune di Pinerolo – ha cercato di mettere in piedi una risposta alle emergenze, ma il nostro numero verde, in quel frangente di incertezza, è stato il tramite per chi era in difficoltà. Abbiamo ricevuto anche un premio da Google per aver segnalato i servizi durante il Covid con una mappa interattiva utile a scoprire dove acquistare per esempio i medicinali. È stato uno strumento utilissimo, soprattutto nei piccoli paesi. Tutto questo è poi diventato un numero extra di carta del nostro giorale, che è stato anche un modo per ripartire tutti insieme».

Oltre alle mappe digitali, è un approccio, quello de L’Eco del Chisone al mondo digitale, attento e al passo con le nuove tecnologie: «Cerchiamo di rappresentare tutto quello che accade nel modo migliore possibile. L’approccio è questo: le notizie oggi sono dappertutto. Una volta se non c’era una notizia sul nostro giornale quella cosa era quasi come se non esistesse. Oggi il lavoro è diverso: dobbiamo spiegare i fatti e costruire una maggiore gerarchizzazione delle notizie. C’è un lavoro maggiore di selezione e di racconto, spiegando bene e senza generalizzare. Noi per esempio raccontiamo molto le politiche del territorio, così come la cronaca giudiziaria, ma anche l’economia e la cronaca sindacale, la cronaca bianca, la sanità, strizzando sempre l’occhio all’impatto che questioni nazionali – come può essere per esempio il Pnrr – possono avere a livello locale».

Con i social e con l’intelligenza artificiale, invece, come vi ponete? «Abbiamo Facebook con circa 30mila persone che ci seguono, poi Twitter e da poco Instagram, in cui crediamo molto. I social sono importanti perché sono parte della promozione dell’informazione. Credo sia importante però vengano gestiti da giornalisti. Il giornale è un prodotto che sta sul mercato e ha un suo brand, ma sul social raccontiamo ciò che facciamo, perciò serve un taglio giornalistico e la conseguente necessaria deontologia giornalistica. Quanto all’intelligenza artificiale, tempo fa, prima che il Garante chiudesse ChatGpt, ho provato a far fare all’intelligenza artificiale un editoriale per l’EcoExtra, chiedendo quale fosse il futuro del pinerolese; non era scritto male, qualche volta ci sono capitati collaboratori alle prime armi che non scrivevano in modo così fluido, ma i contenuti erano ripetitivi. Io credo che come tutti gli strumenti sia importante utilizzarli senza paura e con intelligenza, senza demonizzare, magari nell’analisi dei dati e nei lavori di routine, perché il problema in queste cose è sempre quanta maturità e consapevolezza ci si mette».

I social per voi sono anche un “luogo” dove incontrare i più giovani? «Da anni ci occupiamo di scuola, giovani e montagna. Facciamo da 15 anni un progetto di visite guidate delle scuole in redazione che ci fa incontrare ogni anno quinte elementari e prime medie, per un totale di circa 100 classi; facciamo anche una premiazione di concorsi scolastici che premia oltre 300 bambini ogni anno. Per le superiori, invece, da qualche anno portiamo avanti un progetto di alternanza scuola lavoro. Uno dei temi in cui credo e crediamo molto come giornale è quello del dialogo tra generazioni e cerchiamo di lavorare in questa direzione anche riguardo ai nuovi target di lettori».

Recentemente DataMediaHub ha analizzato i ruoli di direttore/direttrice aggiornato a luglio 2023 per 130 testate giornalistiche: Il risultato è che su 57 quotidiani nazionali e locali i direttori, o meglio le direttrici, sono solamente due, pari al 3.5% del totale. Molino, lei è la prima direttrice de L’Eco del Chisone dopo sei direttori. Che impatto ha e ha avuto in questi anni? «Sono entrata al giornale da studentessa universitaria. Forse nel 2018 sono stata addirittura la prima direttrice donna in Piemonte. In redazione siamo piuttosto bilanciati numericamente, c’è grande equilibrio (c’è anche una vicedirettrice, Sofia D’Agostino e un vicedirettore, Alberto Maranetto, ndr). Questo non vuol dire che sia facile, a livello personale. Mi chiedono sempre come faccio con due figli: questa domanda agli uomini non viene mai posta. Tra le righe dei rapporti quotidiani con gli intervistati, con le persone, ogni tanto noto un atteggiamento diverso dato dal fatto che sono donna. A volte lo noto, sì, ma devo dire che non è mai stato d’ostacolo. Da parte nostra, come linea editoriale, siamo molto sensibili al linguaggio, all’uso delle parole, di articoli e pronomi; inoltre non scriviamo mai raptus” quando si parla, per esempio, di donne uccise da uomini. Sono gli uomini a uccidere, non i raptus».

Questione contributi all’editoria. Se ne discute spesso, come vi ponete? «Noi prendiamo il contributo senza vergogna, perché ci permette di fare scelte deontologiche significative e avere ricadute positive sul territorio. Possiamo per esempio permetterci di dire no a pubblicità che non ci piacciono, come quelle dei centri scommesse o che alimentano il gioco d’azzardo, i tarocchi e le creme miracolose che promettono di curare malattie di ogni tipo; possiamo farlo perché non abbiamo una spada di Damocle e sentiamo tutto questo come un grande ruolo di responsabilità. I giornali locali in questo momento sono un presidio del territorio e vanno preservati in ogni modo. Noi abbiamo sempre usato uno slogan, ovvero: ‘diamo voce a un territorio’. Ma non facciamo solo questo, perché i giornali locali sono un luogo pubblico, un luogo di buone pratiche, dove incontrare temi che a volte non sono in agenda, ma possono stimolare il territorio a crescere. I giornali locali non dovrebbero registrare solo i piccoli fatti delle aree marginali; a mio avviso hanno invece il compito di dettare l’agenda delle politiche sul territorio, perché occupano uno spazio pubblico fondamentale. Noi abbiamo una tradizione: una giornata di redazione a porte aperte con autorità e lettori. È un’iniziativa inclusiva, ma la verità è che le nostre porte sono sempre aperte, perché siamo la sede di un territorio, non solo di un giornale. Qui da noi c’è sempre qualcuno pronto ad ascoltare per il bene e per la promozione del territorio, per dare voce ad aree meno rappresentate e provare a fornire risposte o fare domande per cambiare le cose».

Eugenio Giannetta

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