lorenzo trombetta
GIORNALISTI

06/03/2024

Trombetta: «Per capire i conflitti si deve allargare lo sguardo»

Da circa sei mesi, a sole tre ore di volo da Torino, è in corso un conflitto armato senza precedenti per intensità di violenza e per estensione geografica, che coinvolge numerosi attori locali, regionali e internazionali. Di fronte agli insistenti appelli per la “pace”, le parti non sembrano però interessate a trovare un accordo politico. Il 13 marzo a Torino ne parlerà Rosita Di Peri (Università di Torino) in dialogo con Lorenzo Trombetta, scrittore e giornalista, studioso della regione e da vent’anni corrispondente Ansa e LiMes da Beirut.

L’incontro, organizzato dall‘Associazione culturale Vera Nocentini, sarà moderato dalla direttrice dell’associazione Marcella Filippa e introdotto dai saluti di Sergio Durando, Pastorale MigrantiStefano Tallia, presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte.

L’evento è organizzato in collaborazione con il Dipartimento Culture, Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino, con l’Ufficio Pastorale Migranti e con Operazione Colomba, con il patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti, e prevede un doppio momento: il primo al Campus Einaudi, rivolto a studenti e studentesse, il secondo al Polo del Novecento aperto alla cittadinanza, con la presentazione del volume di Trombetta “Negoziazione e potere in Medio Oriente. Alle radici del conflitto in Siria” uscito per Mondadori.

Il volume invita a considerare la questione siriana, con le sue molteplici sfaccettature e rappresentazioni, come un laboratorio per comprendere l’intera area mediterranea alle prese con scommesse epocali che caratterizzeranno inevitabilmente le dinamiche politiche, sociali, culturali dei prossimi decenni. Il cuore del libro è dedicato all’analisi dei profondi e spesso celati meccanismi di potere siriani e mediorientali, da secoli frutto di un’incessante e articolata negoziazione tra élite locali, nazionali e internazionali. In questa dinamica emerge una costante che attraversa i periodi storici e le geografie.

Ne abbiamo parlato con Lorenzo Trombetta, con cui abbiamo discusso di Libano, di Gaza, dell’attuale scenario in Medio Oriente e di cosa significhi fare i reportage di guerra oggi rispetto al passato: «Questo incontro – ci spiega – così come il libro che ho scritto, sono importanti per analizzare il contesto nella sua complessità: si parte dai casi siriani, ma questi diventano casi studio per comprendere una metodologia di questi territori applicabile anche ad altri contesti».

«I territori fisici – Siria e Gaza – sono diversi, ma entrambi i conflitti hanno una dinamica di internazionalizzazione e regionalizzazione piuttosto rapida. In questo senso ci sono alcune forme di analogia, ma una grande differenza: Israele rispetto alla Siria mobilita di più l’opinione pubblica e i media, qualche volta anche in modo strumentale».

«Io ho cominciato a lavorare nei primi anni 2000 e sono passati 20 anni, prima non c’erano gli smartphone che ci sono oggi, il laptop esisteva ma non così evoluto, per cui le comunicazioni si sono rivoluzionate. Oggi i dimafoni non esistono più, mentre nel recente passato ho scritto anche dal cellulare per esigenza. La stessa verifica delle fonti si è complicata, ci sono tanti rumori e tanti filtri la cui autenticità spesso è difficile da verificare. Siamo sopraffatti dalla quantità di input, si è dovuto perciò imparare a lavorare di più sulla capacità di sintesi e di filtro e sul mantenere la qualità anche quando si è molto esposti a flussi di informazioni. La generazione precedente aveva forse più difficoltà a recuperare i fili di potenziali informazioni, ma sicuramente meno imbarazzo nel districarsi in questa giungla».

«Per verificare, oggi come allora, bisogna necessariamente triangolare da più fonti, anche secondarie e da desk; e poi si devono attivare propri contatti sul posto, come nel caso di Gaza, in cui ci si affida principalmente a contatti che stanno lì; anche se oggi questa possibilità si è assottigliata perché si stanno perdendo molte persone sul posto. Come giornalisti perciò spesso ci troviamo a dare notizie virgolettate, perché non possiamo raccontare con la nostra immaginazione, dobbiamo dare strumenti ai lettori per districarsi tra tutte la parti in causa».

Riguardo ai giovani colleghi: «È un rischio lasciare freelance allo sbaraglio, senza protezione, senza assicurazione. Non è facile muoversi in questi territori, serve molta preparazione e conoscenza della lingua, molto passa da lì. Ai giovani perciò consiglio di studiare molto la zona, la lingua o trovare un interprete o un producer sul posto, anche se pure in questo caso i costi sono alti».

In conclusione, un ultimo passaggio sul libro, che «propone un modo di guardare al contesto locale al di là della Siria. Il libro utilizza la Siria come caso studio, per raccontare come funzionano i meccanismi di potere. È rivolto a tutti, ma soprattutto a giornalisti e ricercatori, perché spiega come nascono i conflitti, quali sono gli attori che hanno in mano le diverse porzioni di potere per provare a farsi un’idea sulla nascita dei conflitti, che di solito hanno cause che vengono da molto lontano, nascono anche da semi di poteri autoritari e vanno guardati nell’insieme dei fattori, allargando lo sguardo nello spazio e nel tempo».

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