INPGI/GIURISPRUDENZA 1: LA QUALIFICAZIONE DELLA NATURA DEL RAPPORTO DI LAVORO VA EFFETTUATA SULLA SCORTA DI ELEMENTI SOSTANZIALI A PRESCINDERE DA EVENTUALI RINUNCE FORMALI DEL LAVORATORE
Con la sentenza n. 1918/2022, la Seconda Sezione Lavoro della Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado del Tribunale di Roma, già favorevole all’Inpgi, riaffermando il principio in base al quale non è opponibile all’Ente previdenziale l’atto di conciliazione e transazione intervenuto tra un giornalista e una amministrazione locale per escludere fittiziamente la natura subordinata del rapporto di lavoro svolto in qualità di addetto stampa.
Il Giudicante ricorda, infatti, che il rapporto assicurativo e l’obbligo contributivo ad esso connesso sorgono per legge all’instaurarsi del rapporto di lavoro, ma sono del tutto autonomi e distinti, nel senso che l’obbligo contributivo del datore di lavoro verso l’istituto previdenziale sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi nei confronti del prestatore d’opera siano stati in tutto o in parte soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi diritti.
Meritano, inoltre, un cenno particolare le considerazione svolte dalla Corte in merito alla qualificazione della natura del rapporto di lavoro, che nel caso di specie riguardava un giornalista che aveva svolto attività di ufficio stampa presso un piccolo Comune. Nella sentenza si sottolinea da un lato – richiamando un principio ormai consolidato in giurisprudenza – la necessità di dare prevalenza alle concrete modalità di svolgimento della prestazione, non costituendo fattore assorbente la qualificazione formale (il c.d. “nomen iuris”) del contratto.
Da ultimo, il Giudice di secondo grado ha considerato irrilevante, ai fini della qualificazione della natura del rapporto di lavoro intercorso tra le parti, la circostanza che, trattandosi di un “minuscolo ente territoriale”, le attività espletate dall’addetto stampa fossero limitate ad episodiche necessità per singoli e sporadici eventi (cosa che sarebbe attestata dalla carenza di comunicati stampa), perchè “non è la quantità delle opere professionali svolte (soprattutto laddove si verta in rapporti di lavoro di natura intellettuale, come nel caso di specie in cui si tratta di mansioni giornalistiche) a determinare la sussistenza o meno della subordinazione”.