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ATTUALITA'

02/06/2025

Intelligenza artificiale generativa e giornali locali: tra opportunità e limiti

Nelle redazioni locali piemontesi l’intelligenza artificiale generativa si affaccia con cautela. Nonostante il dibattito sia ormai maturo a livello nazionale, l’adozione concreta di strumenti come ChatGPT e Gemini nei giornali di prossimità è ancora poco strutturata. L’impressione è che l’uso sia affidato all’iniziativa dei singoli giornalisti, senza regolamenti interni, senza linee guida condivise e, nella maggior parte dei casi, senza una vera riflessione sul ruolo di queste tecnologie nel contesto iperlocale.

Tuttavia, qualcosa si sta muovendo. In Piemonte nel 2024 si sono tenuti diversi corsi di formazione riconosciuti dall’Ordine del Giornalisti del Piemonte sull’uso dell’intelligenza artificiale generativa in redazione. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha inserito corsi on-demand sull’uso responsabile dell’IA tra le proposte di aggiornamento (10 crediti). In questo scenario formativo si inseriscono anche le attività dell’associazione APICE EU, che propone percorsi europei dedicati al fact-checking e all’uso critico dell’intelligenza artificiale per chi lavora nei media locali.

Cosa può fare (bene) l’intelligenza artificiale nelle redazioni locali

L’IA generativa non deve essere usata per produrre articoli al posto dei giornalisti, questo va ribadito. Dove accade, se accade, è la fine del giornalismo e delle redazioni.

È chiaro che invece essa può svolgere compiti ripetitivi e che consumano molto tempo, offrendo un supporto concreto al lavoro quotidiano. Oltre la semplice scrittura di bozze di articoli, testi per newsletter o post social partendo da appunti o comunicati, può sintetizzare delibere comunali, trascrivere interviste (quante ore della nostra vita abbiamo speso a sbobinare testi con registratori e smartphone!!), analizzare dataset pubblici e aiutare a costruire grafici o articoli a partire dai dati, fare fact-checking, migliorare le foto. Gli strumenti disponibili sono in continua crescita ed evoluzione, pensiamo alla piattaforma gratuita Pinpoint, pensata proprio per chi lavora nel giornalismo d’inchiesta che permette di caricare grandi volumi di documenti e trascrizioni, facilitando la ricerca di nomi, date, luoghi, ecc.

A chi storce il naso a pensare che un redattore possa aver usato chat Gpt per riscrivere un comunicato stampa, va ricordato che è molto più imbarazzante da un punto di vista professionale e deontologico copiarlo tale e quale (purtroppo si vede ancora!), oppure copiare da altri interi capoversi, oppure ancora far rileggere il pezzo all’intervistato per paura di scontentarlo e di perdere una fonte preziosa!

Ma ci sono dei “ma” da considerare

Il punto è che nei giornali locali, forse più che altrove, il giornalista spesso è anche fonte primaria: è presente fisicamente sul territorio, raccoglie testimonianze dirette, conosce dinamiche e conflitti, insomma conosce bene il contesto delle notizie che è quello che da valore aggiunto alla notizia e su cui cui costruisce credibilità e fiducia dei lettori. Se quando parliamo di giornalismo di comunità, parliamo di relazioni, allora non esiste intelligenza artificiale che possa sostituirsi in quella relazione quotidiana (solitamente anche faticosa) che è alla base del giornalismo locale.

Le IA generative tendono a produrre testi omologati, “di plastica”, senza stile né radicamento, a meno che chi le usa sappia usare questo strumento con intelligenza umana, ovvero allenando il proprio chatbot, personalizzando la scrittura e dando comandi chiari sul tono e linguaggio. Il rischio è di perdere la voce del giornale, quella riconoscibilità editoriale che è parte integrante della fiducia che la comunità ripone nella testata. In un contesto locale, dove ogni lettore conosce i fatti e i luoghi e spesso è più esperto di chi scrive, l’errore si nota subito e può danneggiare in modo irreversibile la reputazione della testata.

L’IA non coglie le sfumature, non distingue una polemica locale da una prassi consolidata, non intuisce i sottotesti relazionali o politici che spesso stanno dietro alle notizie. Non ha memoria del territorio, né responsabilità rispetto alle persone che lo abitano.

Serve un uso consapevole e regolato

Nonostante i tanti “ma”, l’intelligenza artificiale può essere utile. A L’Eco del Chisone in queste settimane stiamo facendo una riflessione su come regolamentarne l’uso, attraverso la costruzione di un codice di autoregolamentazione da sottoporre a redattori e collaboratori e da rendere pubblico ai lettori. Altro piano d’azione sarà quello di assicurarci che tutti abbiamo fatto un corso di formazione che tenga insieme i due aspetti: quello dell’uso pratico e quello della riflessione deontologica. Far finta che l’intelligenza generativa non cambierà le cose e il modo di lavorare delle redazione è un atteggiamento pericoloso, anche perché le ha già cambiate.

Per questo credo sia importante che nelle redazioni si inizi a discutere collettivamente di questi strumenti, stabilendo quando, come e per cosa è lecito usarli, senza rinunciare alla responsabilità del giornalismo.

Occorrono momenti di formazione redazionale, linee guida interne, riflessioni condivise che non lascino il peso della scelta all’improvvisazione del singolo. Usare bene l’IA significa conoscere i suoi limiti, riconoscerne i rischi e non smettere mai di esercitare uno sguardo critico, e umano. Perché nessun algoritmo può sostituire l’etica di chi informa una comunità.

Paola Molino, direttrice Eco del Chisone e consigliera Odg Piemonte.

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