
Mara Rechichi: «Amo la Radio: storie, voci e onde che non smettono di parlare»
Prosegue ancora il nostro viaggio nel mondo della radio locale. Dopo aver raccontato la storia di Radio Veronica e il valore dell’informazione di prossimità, ci siamo spostati prima nel cuore del Monferrato per ascoltare l’esperienza di Betty Martinelli, giornalista di PrimaRadioAsti e poi abbiamo intervistato Maria Rosa Rechichi, esperta in comunicazione digitale.
Amo la radio, hai detto più volte. Cos’è per te la radio? Qual è stata la tua esperienza, e qual è?
«Rispondo con una frase che ho scritto nel “Chi sono” del mio blog: Affascinata dal mondo della comunicazione: sono amica in legame indissolubile con la Radio, non potrei stare senza; simpatizzante della TV, posso anche vivere senza; innamorata delle tecnologie e del web, vivo connessa. Sarà l’amore per la musica e le novità musicali, sarà la curiosità su tutto ciò che accade quotidianamente nel mondo, le mie orecchie sono state sempre sintonizzate con le onde della radio. La mia esperienza con la radio è cominciata da ascoltatrice, ovviamente: da piccola ascoltavo di più le radio “libere” locali, partecipavo ai quiz, intervenivo nelle dirette, mi addormentavo con la radio accesa; crescendo ho imparato a scegliere le voci, le storie, i suoni che volevo portarmi addosso e mi sono orientata verso le radio nazionali. Posso anche raccontare diverse esperienze da speaker. Come quando, per esempio, all’età di 12 anni partecipavo alla realizzazione di alcune puntate di una radio libera di un paesino montano calabrese dove un ragazzo del luogo aveva creato la radio in una vera e propria baracca di lamiere. Da lì diffondevamo le nostre canzoni preferite e le canzoni di chi veniva a bussarci e ci chiedeva di mandare canzoni da dedicare a qualcuno, annunciandole con la giusta tonality. Che ricordi! Per diversi anni sono stata speaker negli eventi live di Studio 54 Network, la radio commerciale interregionale di un mio compagno di liceo: eravamo stati gli unici della classe a partecipare ad un progetto europeo per le regioni Obiettivo 1 sul tema della radiofonia: lui è diventato imprenditore della comunicazione radiofonica, io speaker. Infine per due stagioni sono stata PIF (Persona Informata sui Fatti) da Torino per Caterpillar di Rai RadioDue, un’esperienza straordinaria! Poi è arrivato il podcast, e ho scoperto che potevo passare “dall’altra parte del microfono”. Non faccio vera e propria radio in diretta, ma la mentalità è quella: costruire contenuti pensati per essere ascoltati, che possano arrivare ovunque e a chiunque, anche mentre stai facendo altro. Sono formatrice dei docenti proprio sui temi del podcasting. È tutto questo che mi affascina e mi lega al mezzo: un luogo intimo e collettivo allo stesso tempo. È voce che arriva, accompagna, costruisce immaginari. È relazione senza bisogno di presenza fisica, è racconto che resta anche nel silenzio».
Video killed radio star come si diceva negli anni ’80 o c’è speranza?
«La radio non è stata affatto uccisa. Si è trasformata, sì, si è fatta liquida, on demand, più interattiva. Ma la voce resta potente. Quella che oggi viene definita visual radio, cioè la radio da vedere in tv, non mi attrae in quanto tale. Mi attrae invece quello che accade da un punto di vista tecnico, che in tv si può vedere: cuffie, microfoni, tempi, regia, i movimenti degli speaker, le interazioni tra loro e con il pubblico, i fogli degli autori. La radio oggi è ancora più viva, proprio perché ha trovato altri modi per arrivare: tramite lo smartphone, gli smart speaker, le piattaforme. La radio non è più solo in FM, ma è ovunque ci sia qualcuno disposto ad ascoltare. Credo che il podcast abbia dato nuova linfa a quel tipo di ascolto riflessivo e coinvolgente. Senza dimenticare che anche il podcast subisce l’influenza del video, tanti sono i vodcast in circolazione. Le nuove generazioni sono figlie della società dell’immagine, è difficile prestare solo orecchio, ma non impossibile».
Cosa pensi delle web radio?
«Le web radio sono una bellissima espressione di libertà creativa. Offrono spazi a voci nuove, a contenuti di nicchia, a sperimentazioni che non sempre trovano posto nei canali più tradizionali. Certo, la qualità è molto variabile e ci sono realtà più professionali e altre più amatoriali; anche qui bisogna saper scegliere. Per chi lavora nella didattica la web radio può essere uno strumento potente: uno spazio di parola per i ragazzi e le ragazze, un laboratorio di cittadinanza, di espressione, di collaborazione. Anche se devo dire che durante la pandemia, quando la scuola era in DAD, la webradio non era utilizzabile perché non tutte le zone del territorio piemontese erano raggiunte dalla rete. Come EFT (Équipe Formativa Territoriale) Piemonte abbiamo trovato nelle radio locali delle grandi alleate che hanno permesso a molti insegnanti di arrivare in tutte le case col progetto Scuola in onda. Ne cito una su tutte: Radio Gold di Alessandria riusciva ad arrivare nelle vallate dove insistevano scuole con 14 plessi su 7 comuni, tutti gli insegnanti potevano raggiungere tutti gli allievi e le allieve. Per me vale sempre e comunque quel “Amo la radio!” Evviva la radio!».