“A nord di Lampedusa”, un racconto sulle migrazioni fuori dalla narrazione corrente
Il 3 ottobre, nell’ambito del Festival dell’Accoglienza – a cura di Associazione culturale Vera Nocentini e di Distretto Cinema – al Cinema Romano alle 20.30 si terrà la proiezione del film “A nord di Lampedusa” (Italia 2024, 84’) , un film documentario di Davide Demichelis e Alessandro Rocca.
«Quelle urla che salivano dall’acqua mi sembravano versi di gabbiani, invece erano uomini». Con queste parole Vito Fiorino ricorda il momento in cui, uscito in barca per pescare poco prima dell’alba del 3 ottobre 2013, si rende conto di essere circondato da naufraghi che chiedono aiuto. Ne salverà quarantasette.
Partendo da quelle tragiche ore, “A Nord di Lampedusa” di Davide Demichelis e Alessandro Rocca segue il viaggio e la vita dei sopravvissuti nei successivi dieci anni, illuminando quel “dopo” lasciato al buio dai riflettori mediatici.
A introdurre la serata sarà Marcella Filippa, dell’Associazione culturale Vera Nocentini. A presentare il film ci sarà il regista Davide Demichelis, che ci ha raccontato come è nato questo lavoro: «Due anni fa – spiega Demichelis – a Torino durante il Premio Morrione è intervenuta l’avvocata Alessandra Ballerini, raccontando la storia di Vito Fiorino, uomo che si è trasferito a Lampedusa perché innamorato di Lampedusa. Ballerini raccontò di quel salvataggio di Fiorino, in quella storia che avvenne a 300 metri dalla costa. L’anno scorso erano 10 anni dal naufragio e abbiamo pensato di realizzare un documentario prendendo spunto dalla storia di Vito, che ancora oggi è in contatto con i ragazzi di quella notte. Vito non parla inglese ma nonostante questo comunicava e comunica con loro».
«Abbiamo incontrato Vito a febbraio dello scorso anno a Torino – continua Demichelis – ma mancava un dettaglio per realizzare questo lavoro: il budget. Abbiamo provato a parlarne in giro, ma a giugno miracolosamente è venuta fuori la possibilità di un finanziamento con la FondazioneCompagnia di San Paolo, allora abbiamo messo in piedi il viaggio e siamo andati insieme a Vito a trovare alcuni di quei ragazzi tra Olanda, Svezia e Norvegia: ne abbiamo incontrati sette e il documentario racconta questo viaggio di Vito che va a vedere che fine hanno fatto 10 anni dopo queste persone venute a cercare una vita migliore. Tutti gli anni il 3 ottobre a Lampedusa ci sono delle celebrazioni per ricordare il naufragio, ma la cosa interessante ed emozionante è stato in questo caso l’incontro tra loro non a Lampedusa, ma altrove, dove oggi vivono vite normali».
Dal punto di vista giornalistico questo lavoro mette in luce tre temi importanti: la difficoltà, talvolta, per i freelance, a trovare finanziamenti per realizzare progetti importanti, la possibilità di di raccontare le migrazioni al di fuori della narrazione corrente e quanto festival ed eventi di formazione sul giornalismo siano momenti importanti per fare incontri e conoscenze utili ad aprirsi a nuovi racconti: «È vero, ad un certo punto – dice Demichelis – la davamo quasi per persa questa storia. Questa opportunità è stata scoperta per caso, chissà quante volte purtroppo i colleghi si trovano nella stessa situazione; credo che il filone dei bandi di finanziamenti sia comunque sempre più da seguire, anche se ha il limite dei tempi lunghi, che ti obbliga a scartare una serie di opportunità e di storie. Sulla possibilità di raccontare migrazioni fuori dalla narrazione corrente – continua – ci sono tante storie là fuori. Il nostro racconto è simile a quelli fatti con Radici, dal punto di vista narrativo. Il linguaggio è quello ed esplorare linguaggi è importante per raccontare in modo diverso le cose».
Demichelis chiude sui Festival: «Sono un’ottima miniera di notizie, come è stato per noi il Premio Morrione. Un’ottima vetrina per sperimentarsi con il mestiere e, come nel caso del Festival dell’Accoglienza, anche un’ottimo modo per far conoscere il proprio lavoro; per noi questa proiezione è una grande occasione, una bella possibilità di incontro; credo che dobbiamo tenerci stretti questi momenti a Torino, perché sono arricchenti e può valere sempre la pena di imbattersi in nuovi spunti e nuove storie».