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03/04/2024

Radio Beckwith fa 40 anni: «Crediamo nell’importanza del pluralismo»

Il 6 ottobre del 1924 va in onda in Italia la prima trasmissione radiofonica dell’Uri, l’antenata della Rai. Negli Anni Settanta si apre la stagione delle “radio libere”. Che per alcune dura tutt’oggi: uno di questi esempi, in Piemonte, è Radio Beckwith, che compie 40 anni. La storia della radio, delle radio libere, del giornalismo radiofonico e delle prospettive future di un mezzo sempre attuale, nonostante l’avvicendarsi dei nuovi media, conta 35 milioni di italiani che abitualmente la ascoltano ogni giorno. Se ne parla in un corso proposto dall’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, organizzato da Associazione Stampa Subalpina, con Peppino Ortoleva, già docente di Storia e teoria dei media all’Università di Torino, Paolo Piacenza, Laboratorio giornalismo radiofonico e Coordinatore delle attività redazionali del Master di Giornalismo “Giorgio Bocca”, Daniela Grill, redattrice Rbe e Matteo Scali, coordinatore di redazione Rbe, che abbiamo intervistato a proposito di questi ultimi quarant’anni e dell’evoluzione di Rbe sul territorio.

La storia di Rbe nasce nel 1983, quando si comincia a parlare di una radio evangelica in Val Pellice. L’idea si ispira all’esperienza di Radio Trieste Evangelica, legata alla chiesa metodista ma con un impianto laico e inserito nel tessuto sociale della città. Viene costituita un’Associazione culturale, intitolata a Francesco Lo Bue, professore e pastore valdese impegnato nella Resistenza. Nel 1984, precisamente il 1° novembre, nasce così Radio Beckwith Evangelica.

La sfida di Radio Beckwith Evangelica (RBE) è – e rimane – quella di raccogliere e interpretare quel ragionamento su come fare cultura e informazione, in modo laico e aperto al mondo, che affondi le radici in un’identità evangelica e protestante. Negli anni il progetto radio va oltre il mezzo e diventa espressione di una comunità, raggiungendo una dimensione matura e capace di interpretare le sfide del presente, pur rimanendo ancora un’attività basata sul volontariato e sull’entusiasmo dei primi anni.

Gli anni 2000 pongono le basi per la creazione di una radio più attenta all’aspetto redazionale e giornalistico, con la creazione di numerosi programmi che raccontano un territorio e le chiese valdesi, instaurando collaborazioni con associazioni e scuole. Sono anni di investimento anche sul piano professionale e lavorativo: la redazione si struttura in un discreto gruppo di persone che con un modesto stipendio mensile contribuiscono a inquadrare l’impegno in radio come vero e proprio lavoro e si aprono le porte a molti collaboratori esterni.

Gli anni Dieci del nuovo millennio sono per RBE un periodo particolarmente intenso nel quale la radio cambia radicalmente provando ad interpretare un ruolo di maggiore peso nel panorama informativo del territorio e in generale dei media protestanti. Per la prima volta si pone il tema del rapporto tra la dimensione locale dell’informazione e quella generale, con la consapevolezza che si tratta di piani sempre più interconnessi. Nascono collaborazioni, cambiano le modalità di fruizione ed RBE inizia a trasmettere, oltre che sull’FM, anche sul digitale terrestre e sul DAB.

Dal 2010 in poi la radio integra i social e nel 2016 nasce anche una radio di strada, una radio su quattro ruote in cui la programmazione si struttura per poter essere effettuata in modo agile sul territorio, al di fuori di uno studio. Questa propensione di una radio itinerante capace di narrare il territorio viene potenziata dall’acquisto di uno studio mobile per realizzare in qualunque luogo un racconto giornalistico e di intrattenimento. Nel 2022, poi, arriva a integrazione anche RBE-TV sul digitale terrestre.

«Per raccontare questi 40 anni – dice Scali – credo ci siano due elementi di partenza, utili a inquadrare tutte le evoluzioni che ha preso il nostro progetto: il primo elemento è che negli ultimi anni abbiamo fatto una grossa riflessione sul mezzo radio, sulla sua evoluzione e sullo stare al passo con i tempi, all’interno di un quadro più ampio che è quello dei cambiamenti che tutta l’editoria e il giornalismo stanno vivendo. Abbiamo iniziato a ibridare il linguaggio con altri linguaggi ed il percorso si è concretizzato due anni fa anche con l’apertura di una tv comunitaria che dialoga a nostro modo con il territorio, senza modelli predefiniti ma con la volontà di provare a costruire un dialogo tra strumenti diversi. Abbiamo inoltre portato avanti una riflessione su forme e linguaggi della comunicazione, concependo sempre questo progetto di radio comunitaria come uno strumento in continua evoluzione, per tenere insieme le persone con vecchie e nuove modalità».

«Questo modo di ragionare – prosegue Scali – porta chiaramente a cambiamenti strutturali, investimenti e ragionamenti su distribuzione del lavoro e delle energie. Da tempo abbiamo puntato su un gruppo redazionale con caratteristiche e competenze differenti, un gruppo diversificato che comprende giornalisti, autori, tecnici, con trasmissioni di vario tipo. Abbiamo cercato di consolidare il lavoro, puntando sulla solidità della redazione, che non significa immutabilità, ma vuol dire provare a offrire garanzie alle persone che lavorano. Per noi è sempre stato prioritario che anche in un progetto così piccolo ci fosse una continuità possibile per il lavoratore».

«C’è un terzo elemento – continua Scali – che è stato quello di imparare dalle novità; ad esempio una delle cose che abbiamo imparato e messo in discussione, nel periodo in cui nascevano e si sviluppavano le web radio, è che avevamo capito quando lo studio radiofonico fosse il simbolo di un modo più antico di fare radio. Aveva perso di centralità lo studio e da lì è nata l’idea di portare la radio fuori, nei luoghi dove accadevano le cose, con una strumentazione leggera, possibilità di fare dirette, in FM, online, sul digitale, trasmettendo direttamente dai luoghi con l’ausilio di una stazione mobile. Anche qui ha significato un investimento, ma era un passaggio importante per il nostro racconto del territorio».

«Per noi – insiste Scali – il lavoro non è “sul” territorio ma “con” il territorio. Il nostro è il progetto di una radio che è oltre la radio come progetto editoriale, siamo strutturati per superare il mezzo e utilizzarlo per consentire al territorio di narrarsi. Questo chiaramente vale in tutti i momenti, anche in quelli di emergenza: con le scuole abbiamo fatto dei laboratori di radio, ma anche collaborato durante il lockdown per permettere di mantenere vivo il rapporto con ragazzi e ragazze. Ci siamo messi al servizio, nel vero senso della parola».

Scali conclude con una riflessione sulla parola “radio”: «La parola radio è sia singolare che plurale; questa particolarità della parola ci porta alla pluralità a nostra volta e garantisce il concetto di pluralismo di un territorio, costruendo un dialogo costante su questioni che possono attraversare il territorio, comprese le questioni più piccole, ma con un grande significato per le persone. La radio è un contenitore di mondi, ma non solo. La festeggeremo nei prossimi mesi con una serie di appuntamenti che ci poteranno fino a novembre, mese in cui scoccheranno i veri e propri 40 anni».

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