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18/05/2025

Radio Flash, colonna sonora della vita

Partito da Cuneo verso Torino. Mancano due minuti alle 7. Accendo la radio in auto per il notiziario di Rai Uno. Il primo servizio parte con rumori di fondo e poi slogan scanditi di una manifestazione sindacale. Si abbassa il volume ed entra la voce del giornalista che racconta dov’è, chi manifesta e per cosa.

“Montaggio inconsueto per Rai Radio Uno” penso. Chiamo al cellulare il mio amico Daniele Abbattista, in Rai a Roma, già giovane giornalista di Radio Flash a Torino. “Sei a Saxa Rubra? Hai condotto l’edizione del giornale appena finita? Ci scommetterei perché tra i servizi ne ho sentito uno in stile Radio Flash”. Daniele era in studio e così sottolinea che il servizio non è suo, ma ammette che anche a lui ha ricordato il modo che avevamo noi a Flash nel fare alcune dirette o i montaggi successivi.

E mi da una bella soddisfazione perché ho riconosciuto quel taglio. Flash non c’è più da sei anni. Eppure ha fatto scuola, tendenza e in qualche modo continua a vivere. È stata una delle radio più belle e innovative degli Anni Ottanta (fondata in realtà nel 1975) e per oltre quarant’anni. Si è spenta nel 2019, dopo un decennio di traversie e minor successo. 

Nell’85 a me ed altri giovani giornalisti Luciano Casadei e Francesco Carboncini, patron e direttore artistico della radio, misero a disposizione – li pagammo a rate con trattenute sullo stipendio – i migliori registratori portatili dell’epoca. A cui si potevano collegare tra i primi microfoni stereofonici. Il padre di Carboncini, Antonio, costruì un sistema per collegare con un mini jack il registratore ai telefoni fissi, svitando uno dei coperchi della cornetta. Alta qualità di trasmissione e possibilità di mandare in onda immediatamente un’intervista realizzata anche lontano dagli studi della radio. Che si trattasse di una star della musica o di un esponente politico o di un operaio ai cancelli della Fiat.

Come altre radio Flash poteva mettere in onda, appunto, telefonate. Non lo faceva però per le canzoni a richiesta, ma per collegare da una cabina telefonica – non c’erano ancora i telefonini – un giornalista in piazza durante una manifestazione studentesca. Che raccontava quello che vedeva e faceva sentire le voci e i suoni. In diretta. E fuori dal main stream dei pochi e paludati mezzi di informazione dell’epoca.

Come “alternative”, anche se adesso quell’aggettivo non si usa più o ha cambiato significato, erano le cronache dei consigli comunali a Torino, o dalla Regione, tutte e due governati da Pci e Psi, insieme dopo decenni – il primo – di dominio democristiano.

Da Torino Flash è stata un punto di riferimento, musicale, politico e culturale in Italia e non solo in Piemonte. Rivaleggiava con Radio Popolare di Milano. Ma artisticamente era meglio. Basti dire che si poteva “permettere” di spedire Mixo – tantissimi lo conoscono in una versione un po’ imborghesita come conduttore e critico a Radio Capital – una volta al mese a Londra per girare club, locali e negozi di dischi per tornarsene a Torino con una valigetta piena di Lp di musicisti e gruppi emergenti, che in Italia diversamente sarebbero arrivati soltanto mesi dopo.

Io di Flash ho fatto anche immeritatamente il direttore, tra l’85 e l’87. Semplicemente perché cercavano qualcuno che fosse giornalista con tesserino per sostituire il direttore responsabile precedente. E io ero diventato pubblicista qualche mese prima. Ma la proposta era anche di lavorarci a Flash. E così per due anni lì ho poco diretto ma parecchio imparato. Per poi approdare a La Stampa.

Un periodo troppo breve perché possa essere io a sintetizzarne la storia. Così mi perdonerete il copia-incolla, ma la miglior cosa che io possa fare è riproporvi il pezzo, ottimo, che scrisse un altro dei giovani giornalisti “sfornato” da Radio Flash e poi passato in Rai, Dario Celli.

Pochi giorni dopo la chiusura Dario scriveva, tra le altre cose:

“Dal 1976 alla fine degli anni ’80 Radioflash 97.7 fu una fucina di intelligenze creative, conduttori radiofonici e giornalisti: in quella Radioflash – ne “la banda di Flash” – c’erano Daniele Abbattista (ora a Roma, con me alla Rai, lui a Radio Rai), Paolo Griseri (già a Repubblica, poi vicedirettore a La Stampa, recentemente scomparso, ndr.), Massimo Gibelli (a Roma, capo ufficio stampa Cgil nazionale), Linda Di Franco (ora a Los Angeles), Elisabetta Sanino (ora a Rochester, NY), Paolo “Mixo” Damasio (ora a Roma, a Radio Capital), Fabiola Palmeri (a Tokyo per NHK e ora a Repubblica Torino), Ivo De Palma (ora doppiatore), Marco Papa, Cristiana Erbetta (da sempre la grafica designer della radio), Mauro Bazzani e Gianpaolo Utveggio (oggi a Roma), Giancarlo Bertelle, Salvatore “Totu” Romagnolo, Alberto Campo, Renato Striglia, Claudio Manzoni, Mauro Parissone (oggi regista e autore tv), Paolo Maria Lauri, Valerio Cascelli, Piera Jade, Marco Basso, Pino Zappalà, Dario Lombardo, Alberto Ferrero, Ivano Canteri, Gigi Restagno, Laura Tori, Vittorio Loli, Franco Zaccagni (sua la voce di quasi tutti i jingles), Tonino Rinaldi, Claudio Bondioli, Stefano Belviglieri, Vittorio Castellani, Simona Ressico, Massimo Garbaccio, e tanti altri.

E poi – anzi, primi fra tutti – Francesco Carboncini, Luciano Casadei ed Enrico Marletto, i boss di quel gruppo eccezionale.

Radioflash organizzò i più importanti concerti italiani di quegli anni: la tournée italiana di “Banana Republic” con Dalla, De Gregori, Ron e gli Stadio; la tournée dei Rolling Stones negli stadi di Torino e Milano, Bob Marley, Madonna, James Brown, Joe Cocker, Fabrizio De Andrè, Francesco Guccini, e Franco Battiato, e Eugenio Finardi, e PFM, e Alberto Fortis, Richie Hevans, Arlo Guthrie, Country Joe McDonald, Vasco Rossi, Lou Reed, Genesis, Weather Report, Antonello Venditti, Napoli Centrale, Ginger Baker, Claudio Baglioni, Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Rockets, Billy Cobham, Ramones, the Police, Peter Gabriel, Banco del Mutuo Soccorso, Pino Daniele, Toto, The Cure, Jackson Browne, Bob Dylan, Zucchero, Depeche Mode, Ray Charles. La sede più eccezionale fu al secondo piano sotterraneo di Palazzo Carignano, in piazza Carignano, dove nacquero (non negli “infernotti”, nel piano “prigione” dove eravamo noi, però!) Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II di Savoia. Poi in via San Francesco da Paola, e poi in via Bertola. Radioflash è morta. Ma, dannazione!, viva Radioflash! “Colonna sonora della vita…”, come dice il manifesto che ho ancora appeso in camera da letto”.

Mario Bosonetto

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