Betty Martinelli al Salone del libro con caselli
EDITORIA

24/04/2025

Radio locale, un patrimonio da salvare: la voce di Betty Martinelli da Asti

Continua il nostro viaggio nel mondo della radio locale, tra frequenze che resistono e voci che cercano ancora di farsi sentire nonostante le difficoltà. Dopo aver raccontato la storia di Radio Veronica e il valore dell’informazione di prossimità, ci spostiamo nel cuore del Monferrato per ascoltare l’esperienza di Betty Martinelli, giornalista di PrimaRadioAsti. Un racconto che ci restituisce l’immagine di un territorio — quello astigiano — in cui la radio locale fatica a sopravvivere, schiacciata tra la crisi del mercato e l’avanzata delle piattaforme digitali. Ma anche una riflessione su ciò che potrebbe ancora essere fatto, se ci fosse il coraggio di investire nella comunicazione locale.

Tu sei la voce di PrimaRadioAsti. Qual è il peso della radio nell’economia delle testate locali?

«Sul mio territorio, quello astigiano, resta solo la voce di Radio Valle Belbo che in realtà è a Santo Stefano Belbo, ma ha anche una frequenza a Canelli. Il capoluogo non ha né una radio, né una televisione locale. Il peso economico è decisamente mutato. Con l’avvento dei social la voglia di investire in spot pubblicitari radiofonici si è decisamente ridotta e molti affidano il loro brand e i loro messaggi alle sponsorizzate, senza curare un vero piano editoriale, cosa che, con uno staff creativo e mirato era invece garantito. Negli anni sono stati costruiti spot così creativi che hanno caratterizzato il cliente per decenni. Potrebbe invece avere una buonissima valenza economica se imprenditori o mecenati avessero la lungimiranza di capire quanto può significare l’immediatezza e la freschezza della radio».

Quali sono le difficoltà economiche e da cosa nascono?

«L’avvento del digitale ha portato a un ulteriore cambiamento e stare al passo con i tempi è costoso. Le imprese tipiche del mercato pubblicitario locale sono sempre più in difficoltà e raramente investono in comunicazione. I costi fissi inoltre sono molto alti da gestire con un mercato pubblicitario in forte crisi. Senza contare il calo di ascolti tra i giovani, sempre più orientati verso social, poadcast e piattaforme “video-centriche”».

Cosa servirebbe per dare solidità alle testate radiofoniche locali?

«Cosa servirebbe? Intanto servirebbe che, a partire dalle amministrazioni, enti locali, associazioni, si tornasse a credere in un mezzo così a “portata di mano”. Per l’alluvione del 1994 PrimaRadio era stato uno straordinario trait d’union con il territorio, per esempio. Servirebbero incentivi fiscali, finanziamenti, fare rete anche con altre testate condividendo costi e progetti, puntando a un’innovazione tecnologica condivisa (es. piattaforme in streaming regionali). Servirebbe una buona formazione su digitale e marketing e tornare al riconoscimento di un servizio così potente anche per la comunicazione istituzionale che viene troppo spesso sottovalutata. Troppo. Tieni presente che un Comune come Asti (75mila abitanti circa), affida la comunicazione a impiegati degli uffici. Ma questo è ancora un altro discorso».

(Nella foto: Betty Martinelli al Salone del libro con Caselli)

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