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ATTUALITA'

18/06/2025

Un’AI literacy che rispetti l’identità del giornalismo senza chiudersi al futuro

Prosegue il nostro lavoro di approfondimento sul tema dell’intelligenza artificiale nelle redazioni con una riflessione (e un questionario) di Giuseppina Debbi, Vicedirettrice TG La7.

Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale generativa (GenAI) è entrata nei flussi di lavoro delle redazioni più avanzate del mondo. Non si tratta solo di strumenti di automazione, ma di veri e propri assistenti capaci di supportare i giornalisti nella sintesi, nell’adattamento, nella segmentazione dei contenuti per diversi formati e pubblici.

Grandi media internazionali come il New York Times, la BBC, The Guardian o Bloomberg hanno intrapreso percorsi concreti di integrazione della GenAI, sviluppando modelli proprietari, strumenti interni e linee guida etiche chiare e rigide che in alcun modo mettono in discussione l’integrità del lavoro giornalistico.

In questi contesti, l’AI è vista come un supporto al giornalista, mai come un sostituto: l’autorialità resta umana, e i sistemi vengono progettati in modo da potenziare la verifica, la precisione e l’originalità, sempre con una supervisione editoriale.

In Italia, però, il panorama è molto diverso.Nonostante l’intensificarsi del dibattito pubblico sul tema, l’intelligenza artificiale non è stata ancora adottata ufficialmente dalle grandi redazioni. Le ragioni sono molteplici, ma una su tutte pesa in modo strutturale: il rinnovo del contratto nazionale di lavoro giornalistico, che ha creato una condizione di cauta attesa e silenzio operativo. Evitare un conflitto sindacale da una parte e il timore di una contrazione di posti di lavoro dall’altra, sembra aver congelato ogni sperimentazione pubblica (se si eccettua l’esperimento del Foglio)  e impedito la creazione di policy interne, linee guida o percorsi formativi dedicati.

Eppure, qualcosa si muove. Molti giornalisti, in modo individuale e spesso informale, hanno cominciato a usare strumenti come ChatGPT, Claude, Gemini o Copilot. Alcuni lo fanno per semplificare il lavoro quotidiano, altri per organizzare il pensiero, sviluppare idee, esplorare fonti. Non esistono però dati sistematici sulle modalità di utilizzo, sulle criticità incontrate, né sui bisogni formativi reali che emergono da questa pratica diffusa ma non riconosciuta.

Proprio per colmare questo vuoto nasce il mio progetto di ricerca all’interno del percorso di dottorato in Learning Sciences and Digital Technologies. Per fotografare la realtà sto somministrando un questionario, rivolto a giornaliste e giornalisti italiani, con l’obiettivo di:

  • mappare come e dove viene usata la GenAI nel lavoro quotidiano;
  • capire quali competenze servono per gestirla in modo efficace e responsabile;
  • raccogliere esperienze, preoccupazioni, intuizioni da chi questa trasformazione la sta già vivendo, anche se spesso da solo.

Se sei un/una professionista dell’informazione, ti invito a partecipare:

https://forms.gle/TezgHcEwuKdxZ8eQA

I dati raccolti  saranno il cuore della mia tesi dottorale sul rapporto tra giornalismo e intelligenza artificiale, con l’obiettivo di proporre anche un modello di formazione non solo tecnica, ma critica, epistemologica e professionale.

Un’AI literacy che rispetti l’identità del giornalismo, ma che non si chiuda al futuro.

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