Il mondo che non riusciamo (più) a raccontare
Per il giornalismo italiano e piemontese è stata una settimana triste. Con Ettore Mo se n’è andata una delle ultime figure di inviato “novecentesco”, dove con questo aggettivo si intendono quei giornalisti che hanno avuto la capacità e il privilegio di raccontare per primi i grandi eventi della storia, senza che il diluvio di immagini che inonda oggi la rete preceda qualunque tipo di riflessione più meditata. Rimpiangere quei giorni sarebbe sbagliato oltre che anacronistico: oggi il lavoro dei reporter sul campo è molto cambiato e spesso anche chi si trova sul teatro di un conflitto è costretto a rincorrere quanto i protagonisti di quegli stessi avvenimenti diffondono attraverso i social. È accaduto in Ucraina, dove il lavoro di valenti colleghe e colleghi ha smascherato molte fake-news ed è accaduto anche nel tragico assalto di Hamas in territorio israeliano con la strage degli innocenti diffusa sui canali social dei terroristi.
Ma non è questo il punto sul quale vorrei richiamare l’attenzione. Proprio l’aggressione di Hamas ci ha infatti costretti a volgere nuovamente lo sguardo verso quello sfortunato lembo di terra dove da oltre ottant’anni si vive in uno stato di conflitto permanente. Ce ne eravamo forse dimenticati ? Lo stupore con il quale molti hanno commentato l’azione di Hamas lo lascerebbe supporre, come, ormai due anni fa, in tanti vennero colti di sorpresa dall’invasione russa dell’Ucraina. Si tratta di eventi molto diversi ma ad accomunarli c’è la distrazione con la quale i mass media occidentali e italiani in particolare hanno raccontato le fasi precedenti il conflitto.
Per anni, in Donbass, è andato avanti un conflitto a “bassa intensità” tra russi e ucraini documentato da pochi e coraggiosi giornalisti ai quali però non è stato dato lo spazio che avrebbero meritato.
In Israele una pace giusta tra i due popoli è sempre più lontana e le speranze nate con gli accordi di Oslo sono da tempo sepolte dall’affermazione delle visioni più estremiste in entrambi gli schieramenti. Gaza, da anni, vive in una situazione di assedio, come assediati dall’estendersi delle colonie sono i palestinesi della West-bank, quei territori sui quali dovrebbe nascere il loro stato. Al tempo stesso Israele vive in uno stato di allerta quotidiana, minacciata com’è dal rischio di attentati, una mobilitazione militare che però non l’ha messa al riparo dal più sanguinoso degli attacchi. Temi spariti o quasi negli ultimi mesi dai nostri giornali e telegiornali, concentrati su altri scenari.
Eppure, la forza del giornalismo, quella che io credo dovremmo recuperare, è proprio quella di precedere gli avvenimenti, spiegare le tensioni prima che queste divengano conflitto, sentire il ticchettio del timer prima che la bomba sia esplosa. Tutto questo, è vero, è molto difficile per un sistema editoriale in crisi, ma è la sola strada che abbiamo a disposizione per restituire un senso profondo alla nostra professione, senza farci cogliere impreparati da avvenimenti che non sarebbe onesto definire “sorprese”.
Stefano Tallia
Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte