
In vigore il nuovo codice deontologico: una carta agile e moderna
Per renderlo efficace è però necessario aggiornare tutte le leggi sulla stampa
Il primo giugno è entrato in vigore il nuovo Codice deontologico delle giornaliste e dei giornalisti italiani, il documento che definisce il perimetro linguistico e normativo entro il quale si svolge la nostra professione. Si tratta di un documento agile che ha il pregio di offrire risposte a tematiche nuove e fino ad ora non considerate come nel caso dell’intelligenza artificiale. È stato approvato all’unanimità dal Consiglio Nazionale ed è frutto del lavoro paziente e complesso fatto dalla commissione giuridica nella passata legislatura che ha raccolto stimoli e suggerimenti provenienti dall’interno e dall’esterno della categoria. Il documento recepisce inoltre l’apparato normativo delle precedenti carte deontologiche le quali conservano tutto il loro valore come letteratura giuridica utile ai Consigli di Disciplina per valutare l’esistenza o meno delle violazioni. Per essere chiari, se un iscritto avrà violato le norme che tutelano i minori, sarà sanzionato in base all’articolo 12 del nuovo Codice deontologico e a quello si farà riferimento nella sentenza. Tuttavia, ad orientare il collegio sarà anche la Carta di Treviso, integrata con le altre norme eventualmente interessate dalla possibile violazione. Tutto questo sul piano del diritto, ma qualche considerazione in più credo vada spesa sul versante politico. Perché il nuovo Codice rischia di restare un’anatra zoppa senza altri provvedimenti di legge che vadano ad aggiornare l’apparto normativo della professione, prima fra tutte la legge istitutiva del 1963. Ma non solo. Come giustamente ha osservato Giuseppe Mennella su “Professione reporter”, è sempre più difficile pretendere il pieno rispetto della deontologia a fronte dei pagamenti irrisori che riguardano centinaia di collaboratori. Lo stesso accesso all’Ordine è pesantemente condizionato dalla crisi del settore e le barriere economiche, comunque indispensabili per definire il perimetro dell’attività professionale, rischiano in alcuni casi di penalizzare le fasce più deboli della categoria. Senza che queste osservazioni suonino come una giustificazione per comportamenti comunque censurabili, è però necessario che il nuovo contratto per il quale stanno trattando Fnsi e Fieg consideri questa come priorità. Perché la libertà, così come la qualità dell’informazione, ha a che vedere anche con i pagamenti e nasconderlo è ipocrita. Nessun codice, nemmeno il più bello, può resistere in un ambiente senza regole che tutelino la dignità di chi lavora.
Stefano Tallia, Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte