La fine dell’emittenza che nessuno ha voluto evitare
La chiusura di Radio Veronica One è l’ultimo capitolo di una crisi che si trascina da dieci anni
La notizia era nell’aria da qualche tempo ed ora è diventata ufficiale: Radio Veronica One chiude e con lei se ne va un altro pezzo di quel mondo dell’emittenza radiotelevisiva che ha scritto pagine importanti nella storia dell’informazione piemontese. Altri colleghi, sulle pagine dei quotidiani, hanno ricordato meglio di quanto potrei fare io l’epopea della radio e le voci che l’hanno animata nel suo viaggio quasi cinquantennale. Quel che vorrei sottolineare in queste righe è invece un aspetto di carattere più generale che riguarda il lento venir meno di un patrimonio del nostro territorio del quale Veronica One non è che l’ultimo caso.
Da quando la crisi dell’editoria ha attaccato il settore dell’emittenza sono infatti decine le voci che si sono spente nella nostra regione o che hanno dovuto attenuare il loro volume. Foglie che sono cadute senza che il sistema economico e politico territoriale abbia avuto la capacità o la volontà di fermare l’emorragia. Sono stato testimone, quando ero segretario del sindacato dei giornalisti, di questo progressivo sgretolamento al quale hanno concorso diversi fattori. Sicuramente l’incapacità o la scarsa disponibilità degli editori a immaginare un diverso modello produttivo. Se è vero che le tecnologie hanno moltiplicato le possibilità di offerta editoriale e quindi anche la concorrenza, è altrettanto vero che uno spazio per l’informazione locale esiste: il punto è che per occuparlo servono idee e investimenti. Invece, buona parte degli editori, si sono accontentati della sopravvivenza assicurata dai finanziamenti pubblici, abdicando in alcuni casi anche alla ricerca di investimenti pubblicitari. Una soluzione poteva essere rappresentata dalle aggregazioni che, in un territorio come il Piemonte, avrebbero potuto dar vita a realtà capaci di conquistare uno spazio di mercato importante, ma ciascuno ha preferito continuare a indossare la corona nel proprio piccolo regno.
Poi, ci sono le responsabilità della politica, nazionale e locale. Se a livello legislativo non sono state messe in atto azioni capaci di tutelare il patrimonio dell’emittenza locale, a livello regionale, al di là della buona volontà di alcuni, non si è andati oltre lodevoli quanto inefficaci attestati di solidarietà.
Il risultato di questa doppia amnesia è sotto gli occhi di tutti ed è stato efficacemente descritto da Alessandro Colombo, uno dei colleghi che hanno perso il lavoro con la chiusura della radio: «La fine di Veronica non è solo la fine di una radio storica, ma rappresenta anche la fine di una voce del territorio. Credo che questo sia un tema su cui le istituzioni locali debbano riflettere. L’emittenza locale è infatti un patrimonio da salvaguardare. Le giornaliste e i giornalisti dei media “territoriali” sono infatti sempre presenti, ovunque. Quando quelli che “arrivano da Roma” se ne vanno, noi restiamo per raccontare quella quotidianità che è più ampia e meno rapsodica del “grande evento».
Nulla da aggiungere a queste parole se non la solidarietà e la vicinanza a chi oggi si trova senza lavoro e l’auspicio che anche la triste parabola di Veronica serva a far riflettere sull’importanza di questo settore, magari iniziando con il chiedere ai nuovi titolari della frequenza che quella ricchezza non venga dispersa o dismessa.
Stefano Tallia, Presidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte