Ramella
GIORNALISTI

02/04/2024

Addio ad Alberto Ramella, fotoreporter degli ultimi

Che nello sguardo profondo non perdeva mai l’ironia

È mancato a settant’anni Alberto Ramella, uno dei più grandi fotoreporter torinesi dell’ultimo mezzo secolo. Nato in Crocetta nel 1953, era figlio d’arte. Il padre Severino muore con un collega in un incidente stradale nel 1962 in Afghanistan mentre ritraggono città e popoli del “Milione” di Marco Polo. Alberto muove i primi passi dietro l’obiettivo nel 1971 quando, con la Asahi Pentax del papà ritrovata in un armadio di casa, documenta negli Usa i grandi raduni della contestazione pacifista e i megaconcerti hippy. Dopo anni passati come fotografo commerciale e pubblicitario nella Torino anni Settanta sospesa fra industria e crisi, nel 1988 la svolta. Documenta la Romania cupa e immobile di Ceaușescu un istante prima che crolli il Muro di Berlino e tutto cambi. Entra nella scuderia Associated Press. Insieme ai colleghi torinesi Paolo Siccardi, Max Ferrero e Mauro Pilone è lì dove la Storia si rimette tumultuosamente in moto. Le carrette del mare con i profughi albanesi al molo di Brindisi. La Baghdad della prima Guerra del Golfo. In Bielorussia immortala la firma del trattato di Belaveža, con un Boris Eltsin che firma ubriaco la nascita della Csi sulle ceneri dell’Urss. Sarajevo, Somalia, Balcani. Al suo Kosovo il Polo del ‘900 dedicherà nel 2019 una mostra condivisa con i reportage di Stefano Tallia.

Tra una guerra e l’altra Ramella torna a raccontare con l’obiettivo la Torino che cambia. La “Bohème” del centenario nel 1996 al Teatro Regio con Pavarotti. Le Olimpiadi invernali del 2006. Per molti anni è punta di diamante della crew di fotografi del Salone del Libro. I ritratti la sua specialità. Indimenticabili gli scrittori al Lingotto intenti a respirare il profumo delle pagine d’un libro: Ernesto Ferrero, Natalia Ginzburg, Andrea Camilleri, icone così impresse nell’immaginario collettivo da far dimenticare che sono sue. E quando nel Duemila la rivoluzione digitale dà il giro al mestiere e le quotazioni di mercato di uno scatto crollano, Alberto si reinventa. Diventa fotografo sportivo. Ore a bordo campo sotto il sole e il gelo a catturare la rovesciata, il goal, la gioia d’un istante irripetibile. Tifoso bianconero, è per anni il fotografo di fiducia di Claudio Marchisio del quale alimenta le pagine social. Fra i suoi ultimi impegni, nel 2022 e 2023 lo shooting della consegna dei riconoscimenti dell’Ordine dei Giornalisti ai colleghi seniores durante la cerimonia a palazzo Ceriana-Mayneri.

Una delle sue doti era l’understatement. Torinesissimo e così forte che, anziché lussuosi libri-portfolio patinati o autocelebrativi proclami estetici, lo ha fatto attendere fino al 2021 per raccontarsi nelle pagine del volumetto “Fotogramma 36” intrise di salvifica ironia. «Nei rullini – raccontava – il fotogramma 36 è l’ultimo scatto a disposizione. Non ne hai altri. Arrivati al fotogramma 36 occorre riavvolgere la pellicola e dopo averla sviluppata bisogna conservata per bene». Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte lo ricorda con affetto: «Con lui Torino perde uno dei suoi grandi fotoreporter. Un fotografo capace di raccontare gli ultimi, provvisto di un’ironia che non gli faceva mai perdere la profondità dello sguardo». Ai tanti che lo hanno apprezzato e gli hanno voluto bene, ora il compito di riavvolgere e conservare bene il suo rullino.

Nicola Gallino

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