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09/05/2024

Il ricordo di Luca Rastello: «Mai fonte non verificate, andava a vedere con i suoi occhi»

Giovedì scorso al Salone Off si è parlato di giornalismo a partire da La vivisezione. Responsabilità e scrittura in Luca Rastello (Mimesis, pagine 238, euro 22), libro di Elia Faso, dottore di ricerca presso il corso di Studi Italianistici dell’Università di Pisa. La presentazione del libro si è tenuta presso la Sala Molinari, Biblioteca Natalia Ginzburg, di via Cesare Lombroso a Torino, in un evento in collaborazione con l’associazione Nessuno, con la libreria Trebisonda e il Polo Culturale Lombroso16.

Rastello inizia come giornalista culturale, non come autore di reportage, cosa per cui più spesso, invece, viene ricordato: «Faceva recensioni per L’Indice negli anni ’80 – ha raccontato l’autore – ma aveva una quantità di letture e una vastità di interessi per il mondo che l’ha portato a diventare in poco tempo direttore della testata. Aveva la capacità di riflettere sull’attualità in modo divulgativo, ma anche approfondito, senza semplificazioni.». Tra le altre esperienze, fu direttore di Narcomafie, fece un’esperienza importante con Diario di Deaglio e poi Repubblica. È con Diario che sviluppa il doppio binario giornalistico e narrativo che lo contraddistingue.

A raccontarlo è stata anche Monica Bardi, che con lui condivise l’esperienza a L’Indice dei Libri del Mese, nonché un pezzo di vita: «Una delle sue caratteristiche nella scrittura degli articoli era il respiro più ampio che riusciva a dare ai reportage. Attirava i lettori, viaggiava molto e non usava mai fonti non verificate. Andava sempre a vedere cosa accadeva nel mondo e rimandava nel mondo immagini spiazzanti. Una delle sue caratteristiche era quella di andare a guadare meglio le cose per farsi un’opinione diversa, cambiare il punto di osservazione e adottare uno sguardo disincantato, mai pregiudiziale sulle cose del mondo. Cercava sempre di restituire opinioni che non fossero luoghi comuni».

«All’Indice – ha proseguito Bardi – avevamo iniziato insieme quando è nata la rivista (1984) che aveva al suo interno un comitato scientifico importante, di grandi intellettuali, ma loro avevamo avuto la generosità di coinvolgere anche non specialisti. C’era un’apertura verso i giovani, eravamo coinvolti per alcune schede letterarie, piccole recensioni brevi, c’era anche Baricco, ma lui aveva destato attenzione per aver imparato il ceco dopo essersi innamorato della letteratura praghese, lingua che poi usò più avanti per dialogare con alcuni profughi dell’ex Jugoslavia. A Praga per un caso incontrò anche Hrabal, che intervistò, ma gli chiese di non pubblicare nulla che lo riguardasse, perché si sentiva sorvegliato. L’Indice gli chiese pezzo e lui trasformò in un pezzo di racconto. Con quel pezzo si fece notare da Goffredo Fofi, che lo chiamò presto al mattino dell’uscita e divennero amici».

Sull’esperienza a Narcomafie, ha concluso Bardi: «Uscì dal mondo letterario per tornare a fare politica, occupandosi di traffici e droga; per lui fu molto importante ricominciare a parlare di mondo e “fare” politica con il suo giornalismo. Oggi c’è un rinato interesse per il suo lavoro per l’attualità dei temi che ha trattato, come per esempio l’immigrazione».

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