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EDITORIA

23/04/2025

Quando si spegne una voce: Radio Veronica e il valore dell’informazione locale

La chiusura di Radio Veronica One, storica emittente torinese attiva dal 1976, è un segnale d’allarme che riguarda tutta l’informazione locale in Italia e in Piemonte. Quando una radio come Radio Veronica si spegne, infatti, a spegnersi non è solo una frequenza, ma un pezzo di comunità, una voce che racconta il territorio in modo diretto, quotidiano, accessibile.

La fine della programmazione – raccontata alla Casa dei Giornalisti dai giornalisti Valentina Mansone e Alessandro Colombo, che ci hanno lavorato per anni – ha lasciato un vuoto non solo professionale, ma anche umano e sociale, come avevamo raccontato qui, nel corso del viaggio che avevamo fatto attraverso i media locali piemontesi, per descriverne la storia, l’evoluzione, il rapporto con il territorio, con la transizione al digitale e con le nuove generazioni di ascoltatori, in un percorso alla scoperta dell’editoria locale, vera e propria spina dorsale del pluralismo dell’informazione, a presidio della democrazia e a servizio dei cittadini.

Come ha scritto Stefano Tallia, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, in un editoriale dedicato a Radio Veronica, si è trattato di «una fine che si poteva evitare», figlia di un’assenza di politiche di sostegno alle realtà mediali locali, sempre più penalizzate in un mercato dominato dai grandi gruppi editoriali.

«Una voce che dava voce»: Valentina Mansone racconta Veronica One

Valentina Mansone, giornalista astigiana, ha lavorato a Radio Veronica One occupandosi in particolare di informazione e cultura, ed è proprio da qui che partiamo: «Con la chiusura di Radio Veronica si è spenta una voce che, negli anni, ha rappresentato una parte importante della radiofonia piemontese».

«Era una radio – continua – molto seguita, ascoltata non solo a Torino ma anche nella provincia di Asti e oltre. Il suo punto di forza era proprio questo: una voce profondamente radicata localmente, capace di raccontare il territorio anche dal punto di vista giornalistico».

La redazione, spiega, si muoveva su più fronti: dalla cronaca alla politica, dalla cultura agli approfondimenti nazionali con ricadute locali. Un lavoro intenso, vissuto con passione: «Quello che dispiace di più è che si è spenta una voce che dava voce al territorio. Avevamo una trasmissione dedicata ai libri, ma ci piaceva spaziare. E soprattutto ci piaceva fare informazione in modo serio, rigoroso».

Con la chiusura dell’emittente, secondo Mansone, «si perde un patrimonio collettivo», non solo di contenuti, ma anche di competenze e legami. Purtroppo quello di Radio Veronica non è un caso isolato, infatti «tante voci si spengono, anche se al loro interno ci sono persone qualificate, motivate, con tanta voglia di fare. È un rischio enorme: si rischia di perdere un patrimonio umano e professionale».

E anche se il digitale ha offerto nuove possibilità, il peso della competizione con i grandi network è insostenibile per molte piccole realtà: «Per chi vive di pubblicità – conclude – combattere contro i colossi diventa sempre più complicato. La pandemia ha peggiorato tutto: le aziende locali hanno ridotto drasticamente gli investimenti. E da lì è iniziata una discesa difficile da fermare».

Alessandro Colombo: «Le radio locali sono antenne sul territorio»

Come Valentina Mansone, anche Alessandro Colombo è stata una delle voci storiche dell’emittente. Vent’anni in redazione gli hanno insegnato cosa significhi davvero «raccontare un territorio», ma non solo: «Radio Veronica – ci ha detto – è stata una voce importante, una redazione attiva e appassionata che seguiva tutto: cronaca, politica, cultura. C’era grande attenzione ai temi locali, ma anche alla qualità del racconto».

Tra le tante storie che ricorda, una in particolare lo ha colpito, che ci racconta come esempio del lavoro che può fare un media locale sul territorio, valorizzando le piccole grandi storie del quotidiano: «Ricordo questa storia nel cuneese: una donna indigente era stata fermata in un supermercato mentre rubava del cibo. Aveva dei bambini con sé. I carabinieri, toccati dalla situazione, dopo averla fermata sono andati a comprare dei giocattoli per loro. Questo è un esempio di una storia che solo un media locale può raccontare».

A questo proposito Colombo prosegue, sottolineando il valore delle emittenti locali come presidio di pluralismo informativo: «Le radio locali – ci dice – sono una rete, delle vere e proprie antenne sul territorio. Raccontano storie che non troveranno mai spazio sui grandi media». Ma a pesare è, ancora una volta, la fragilità economica: «Le radio private vivono di pubblicità e il Covid è stato un colpo durissimo. Quando le aziende locali tirano i remi in barca, la raccolta crolla. Poi è arrivata anche la crisi energetica e tutto è diventato più difficile».

Eppure, nonostante tutto, la radio resta uno dei media più amati: «È un mezzo – conclude Colombo – che genera fiducia. Arriva in macchina, a casa, negli uffici. Tiene compagnia, ma soprattutto informa. E quando si spegne una voce come quella di Veronica One, si perde molto di più di una semplice trasmissione».

«Una piattaforma che racconta il territorio»: la prospettiva di Radio Gold

Lo scorso anno, in un corso di formazione avevamo raccontato i 100 anni della Radio, con un approfondimento sui 40 anni di Radio Beckwith; a colpire era stato in particolare il racconto di un progetto radio capace di andare oltre il mezzo, diventando espressione di una comunità e raggiungendo una dimensione matura e capace di interpretare le sfide del presente. In questo senso, un altro esempio virtuoso è quello di Radio Gold, emittente alessandrina raccontata da Renato Lopena Amministratore Delegato della società SER srl che edita la piattaforma. Oggi, come ci spiega in un’intervista, Radio Gold è diventata una vera e propria piattaforma multicanale: «Siamo diventati una piccola piattaforma digitale. Abbiamo acquisito due emittenti nella provincia di Pavia, sviluppato un sito di informazione e una web tv. Ma quello che ci distingue è che non abbiamo mai perso il contatto con l’informazione locale».

Tuttavia, anche Lopena riconosce la difficoltà del momento: «La radio lineare soffre, soprattutto tra i più giovani, che preferiscono podcast e contenuti on demand. Però in auto la radio resta leader. Le ultime rilevazioni dicono che in Italia almeno 35 milioni di persone ascoltano la radio quotidianamente». Ma a livello locale, aggiunge, il quadro è più fragile: «Ci sono troppe realtà che faticano a stare in piedi. Il commercio locale è in crisi, manca una filiera pubblicitaria solida. E questo mette a rischio il pluralismo».

Tuttavia, a questo proposito, Lopena ci tiene a difende però l’importanza dell’indipendenza editoriale: «Noi abbiamo sempre mantenuto una chiara separazione tra contenuti informativi e pubblicitari, rientra nel nostro modo di lavorare, nella nostra etica».

Il ruolo cruciale dell’informazione locale

In conclusione, è evidente che la chiusura di Veronica One non sia un caso isolato. È semmai il segnale di una crisi strutturale che coinvolge decine di emittenti locali in tutta Italia. Eppure, come evidenzia uno studio dell’associazione Aeranti-Corallo, le radio locali si sono rivelate fondamentali in caso di emergenza, per la loro capacità di raggiungere in modo capillare le comunità e diffondere informazioni tempestive e affidabili.

In tempi di crisi – dalla pandemia alle alluvioni – è proprio la radio locale a svolgere un ruolo insostituibile. La sua capacità di ascolto, la sua immediatezza, il suo radicamento territoriale ne fanno uno strumento che andrebbe sostenuto e non lasciato spegnere in silenzio.

Pluralismo, comunità, prossimità

Se vogliamo preservare il pluralismo dell’informazione, non possiamo permetterci di perdere altre Radio Veronica One. È necessario immaginare semmai un futuro in cui le voci locali possano continuare a raccontare le storie dei territori, senza essere costrette a cedere il passo ai grandi network o a trasformarsi in semplici contenitori musicali.

Come ha detto Valentina Mansone: «È importante valorizzare chi racconta le cose più piccole, quelle che sfuggono ai grandi media», perché è proprio in quelle storie che si costruisce il senso più profondo dell’informazione: vicinanza, comunità, memoria.

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